Caso Cantone, il ministro Delrio: «Restituiremo subito poteri all'Anac»

Caso Cantone, il ministro Delrio: «Restituiremo subito poteri all'Anac»
di Andrea Bassi
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Venerdì 21 Aprile 2017, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 09:21

Ministro Graziano Delrio, tra le modifiche al codice degli appalti approvate dal consiglio dei ministri ce n’è una che ridimensiona fortemente i poteri dell’Anac guidata da Raffaele Cantone. Chi ha voluto questo taglio?
«Abbiamo voluto convintamente un ruolo molto importante per l’Anac nel Codice degli appalti per contrastare il fenomeno della corruzione nei lavori pubblici. Il testo che abbiamo proposto non interveniva sui poteri dell’authority».

Cosa è accaduto allora?
«Dico solo che se è stato fatto un errore tecnico, va corretto nel primo strumento legislativo utile». 

Con questo passaggio il testo sarà completato. Come lo valuta?
«Un successo, perché applica le norme europee in materia di trasparenza, legalità, efficacia, introduce la qualità del progetto e la certificazione delle imprese».

Intanto però un altro cavalcavia è crollato. Quanto bisognerà ancora attendere, e quanto serve per metterli tutti finalmente in sicurezza?
«La spesa di manutenzione straordinaria necessaria è almeno di 500 milioni l’anno. In passato la media è stata di solo 150-160 milioni. Nel 2014 il governo Renzi ha varato il piano straordinario per i ponti, con uno stanziamento di 300 milioni l’anno. Quando sono arrivato al ministero ho voluto un cambio radicale di marcia». 

In che senso?
«Nel senso che Anas deve spendere almeno 500 milioni l’anno». 

Bastano per recuperare il tempo perso, visto che i viadotti continuano a cedere?
«No. Per questo nel 2016 abbiamo bandito gare per 1,6 miliardi per la manutenzione straordinaria decuplicando i fondi. Le abbiamo fatte proprio per colmare il gap».

Ma quanto tempo ci vorrà per mettere in sicurezza tutti i viadotti ed evitare altri casi come quello appena accaduto?
«In teoria i viadotti come quello crollato due giorni fa non hanno bisogno di manutenzioni. Sono viadotti che hanno cemento intatto. Sarà la magistratura ad accertare, ma è probabile ci sia stato un difetto di costruzione. Per quanto riguarda i tempi, da un punto di vista generale abbiamo chiesto ad Anas un report annuale sullo stato di avanzamento di questi lavori. Ragionevolmente in due o tre anni si riesce a fare tutta la programmazione necessaria».

L’Anas lamenta che il contratto di programma che sbloccherebbe gli investimenti non è ancora firmato. Sono ormai sei mesi che viene dato per imminente e poi non succede nulla?
«Abbiamo davvero concluso. Quest’anno è stato complicato perché c’è in cantiere la trasformazione del finanziamento di Anas da “trasferimento” a “corrispettivo”, che ha richiesto uno sforzo contabile rilevante da parte del Tesoro. Al prossimo Cipe il contratto ci sarà». 

Nella manovrina approvata dal consiglio dei ministri, ma il cui testo ancora non è alle viste, ci sarà la norma per conferire Anas alle Ferrovie?
«La norma ha superato tutti gli esami. Certamente è inserita nel decreto. Il trasferimento nel gruppo Fs sarà condizionato proprio dall’approvazione del contratto di programma. La fusione permetterà ad Anas di fare quello che già sta facendo Ferrovie: robustissimi piani di investimento. Abbiamo tanti progetti».

Per esempio?
«Sull’Autostrada Mediterranea, l’ex Salerno Reggio Calabria, stiamo stendendo fibra ottica alla quale vengono collegati dei sensori che, per esempio, rilevano in tempo reale lo stato di manutenzione dei viadotti».

Questo progetto si può estendere a tutti i ponti?
«Certo. Vogliamo fare in modo che la tecnologia digitale ci aiuti a rendere le strade più sicure».

Qualche tempo fa si è parlato dell’introduzione di tariffe per Anas, dando alla società un pezzo delle accise o usando il sistema della “vignette” un bollo per chi usa le strade. Ipotesi ancora sul tavolo?
«Non ci saranno tariffe, né bolli. Anas si finanzierà con un corrispettivo: tu fai certe cose, io Stato ti pago dei soldi». 

L’Istat dice che per il sesto anno gli investimenti sono calati.
«Mi permetto di dire che gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 2,9% quest’anno, se si considerano sia gli investimenti pubblici che privati. Sono diminuiti di 2 miliardi gli investimenti pubblici. Ma nel conto non sono compresi quelli delle Ferrovie, che invece sono aumentati di oltre il 30%. Sono esclusi anche quelli di porti, aeroporti e quelli con finanziamenti della Comunità europea. Se li aggiungiamo, si scopre che in realtà gli investimenti sono aumentati. E aumenteranno ancora nei prossimi anni del 3%».

Con la manovra sono stati sbloccati 47,5 miliardi fino al 2032. Sono soldi veri?
«Assolutamente. Sono fondi stanziati dal governo Renzi nell’ultima legge di Stabilità e resi ora operativi. Finanzieranno i contratti di programma di Anas, di Rfi, i programmi straordinari di ciclabilità, il potenziamento del trasporto pubblico». 

Il Def supera la legge obiettivo. Qual è la nuova filosofia?
«Più attenzione alle opere, che non devono essere né grandi e né piccole, ma più semplicemente utili. Come l’accessibilità ai porti, dove passa il 60% delle merci dell’export. A volte vale più un chilometro di ferrovia che collega un porto che una super strada a quattro corsie». 

Oggi i lavoratori Alitalia iniziano a votare il referendum sull’accordo per il piano di salvataggio. Preoccupato?
«Sono in attesa vigile. Abbiamo lavorato in questi mesi per evitare che i soci di Alitalia, che è una compagnia privata, non volessero più mettere denaro nella società. Hanno deciso di mettere altri soldi, ma a fronte di un piano industriale che avesse anche un risparmio di costi. Siamo riusciti ad ottenere che questo risparmio pesasse soltanto per un terzo sui lavoratori. Se l’accordo non passa, gli azionisti che hanno deliberato questa disponibilità non staranno più al tavolo». 

Tra i dipendenti Alitalia non pochi pensano che a quel punto possa intervenire lo Stato.
«Lo ritengono a torto. Lo Stato potrà solo fare un’amministrazione straordinaria e per pochi mesi, il tempo di accompagnare la compagnia alla liquidazione».

Lei ha chiesto una pausa di riflessione sulle privatizzazioni. La quotazione dell’Alta velocità delle Ferrovie è, mi passi la battuta, su un binario morto?
«Per adesso i miei sforzi sono concentrati più sullo sviluppo industriale». 

Il ministro Padoan però insiste. In Consiglio dei ministri ha avanzato una proposta di conferimento alla Cdp di tutte le partecipazioni del Tesoro. Condivide?
«Per ora ci è stato presentato solo il titolo. Preferisco non commentare».

Dell’operazione di integrazione tra Atlantia e Abertis cosa pensa, considerando che 10 anni fa un suo predecessore, Di Pietro, bloccò la fusione?
«Sono sinergie tra privati, non esprimo giudizi.

Certo, nascerebbe un grande gruppo industriale con una maggioranza italiana. Un po’ di orgoglio nazionale c’è».

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