Greenpeace rischia di sparire: multinazionale chiede danni da record per diffamazione

Greenpeace rischia di sparire: multinazionale chiede danni da record per diffamazione
di Renato Paone
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Giovedì 18 Maggio 2017, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 08:00
Una multinazionale del legno ha messo alle corde Greenpeace, che ora rischia di scomparire. La Resolute Forest Project, colosso canadese della carta, ha deciso di rispondere alle continue richieste degli ambientalisti di adottare politiche sostenibili di taglio della foresta boreale in Canada. E lo ha fatto con una causa da 220 milioni di dollari, cifra che l'organizzazione non è in grado di sborsare. Alla richiesta di risarcimento si aggiunge anche la particolare accusa mossa dalla Resolute contro Greenpeace: come si legge nei documenti depositati presso la Corte distrettuale della Georgia del Sud, gli ambientalisti avrebbero agito violando la Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, meglio nota come legge Rico, una norma promulgata nel 1970 dal presidente Usa Nixon per combattere il crimine organizzato. La battaglia tra le due parti, infatti, non è una novità. La Resolute, qualche anno fa, aveva chiesto 300 milioni di dollari a Greenpeace, dopo che quest'ultima aveva suggerito ai clienti della multinazionale di boicottarla perché colpevole della distruzione delle foreste canadesi.

LE FORESTE DA SALVARE
L'anno scorso, la cifra si è ridotta a 7 milioni di dollari. Riduzione accompagnata da un dietrofront di Greenpeace, che ha moderato le precedenti affermazioni, ammettendo che gli attacchi erano basati su opinioni soggettive non verificabili. Lo scenario che si prospetta con la diatriba tra le due forze in campo, la multinazionale e gli ecologisti, segna una svolta nei rapporti tra mondo industriale e ambientalista. Mai prima d'ora, una società aveva deciso di scontrarsi a viso aperto con Greenpeace. Regola non scritta di questi scontri tra lobby industriali e organizzazioni ecologiste consisteva nel ridurre al minimo i danni. Normalmente sarebbe stata avviata una trattativa, che avrebbe portato a un vantaggio per tutte e due le fazioni in campo: la multinazionale avrebbe ottenuto un ritorno d'immagine con il grande pubblico, Greenpeace avrebbe visto realizzare le sue richieste. Resolute ha preferito non mediare: «L'obiettivo di Greenpeace è ricavare guadagni, non salvare l'ambiente. Farebbe qualunque cosa pur di ottenere donazioni, compreso inventare prove, è un'impresa illegale, priva di etica che fa soldi illegalmente per se stesso e per i suoi vertici». Greenpeace ha parlato di «attacco deliberato alla libertà d'espressione» e ha chiesto a case editrici e testate che usano carta prodotta da Resolute di «farsi sentire per la libertà di parola e per la difesa delle foreste».

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