Facebook e WhatsApp, il grande business dei dati degli utenti

di Giuseppe A. Veltri
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Venerdì 19 Maggio 2017, 00:05
Nel 2014, quando Facebook annunciò di voler acquisire la popolare piattaforma di chat WhatsApp per la cifra di 19 miliardi di dollari, pochi furono sorpresi e in tanti si preoccuparono per l’ulteriore restringimento del numero di piattaforme alternative online. A quel tempo, Facebook aveva spinto molto i suoi utenti ad adottare la sua piattaforma di chat Messenger per cercare di arginare la diffusione di WhatsApp. Ogni forma di ‘nudge’, leva psicologica, fu utilizzata per indurre al passaggio da WhatsApp a Facebook Messenger. 

Questo aspetto è importante perché ci permette di riflettere sulle ragioni per cui Facebook decise di acquisire WhatsApp. Sicuramente non vi fu una sola ragione ma diverse, inclusa la pratica ben comune in questo settore di acquisire potenziali rivali prima che diventino una minaccia troppo grande. Un altra particolarmente interessante, a mio avviso, riguarda quello che in molti considerano il business principale di Facebook: la raccolta di dati sui suoi utenti per costruire dei profili di consumatori, delle loro preferenze e comportamenti da vendere a terzi. 

Nel periodo iniziale di diffusione di Facebook, tantissimi dei suoi utenti hanno condiviso senza preoccuparsi troppo una enorme quantità di informazioni personali. Facebook di quei tempi è stata una miniera d’oro per tutti coloro che volessero acquisire dati sul comportamento delle persone sia per scopi commerciali ma anche scientifici. Mai era stato così facile raccogliere informazioni sulle preferenze, abitudini e opinioni di un numero molto vasto di persone provenienti da diversi Paesi e anche con una discreta diversità sociale. Tale mole di dati e la spontaneità degli utenti ha reso FB una formidabile fonte per creare profili di consumatori. 

Queste informazioni fanno gola a chi vuole creare pubblicità indirizzata a specifici utenti che si ipotizza essere sensibili a determinate categorie di prodotti o servizi. In tempi più recenti, queste informazioni sono state anche usate nel contesto politico per identificare particolari categorie di votanti in modo da raggiungerli con messaggi che enfatizzassero dei temi piuttosto che altri. 

Il modo di usare Facebook da parte degli utenti è però cambiato nel tempo: dalla fase iniziale di grande spontaneità si è passati alla fase recente in cui siamo tutti più guardinghi nel curare la nostra immagine sui social media nel momento in cui le nostre reti sono diventato un misto di amici intimi e conoscenti. Questo modo più artificiale del nostro essere su Facebook ha intaccato il valore dei dati che la piattaforma raccoglie su di noi. In particolare, il livello minore di spontaneità ne ha intaccato la capacità di predire le nostre preferenze e i nostri comportamenti. 
C’è però un luogo online dove tutti noi abbiamo mantenuto un alto livello di spontaneità come ai tempi iniziali di Facebook: la chat. Nel 2014, WhatsApp era la più grande piattaforma di chat al mondo, quindi una fonte ricchissima di data sui suoi utenti. Acquisendo WhatsApp, non sorprende che Facebook abbia unito i dati degli utenti di entrambi le piattaforme.

Le conseguenze dell’unione dei dati delle due piattaforme è una minore privacy per noi tutti e l’essere oggetto di profilazione in modo ancora più accurato di quanto non fosse già ora. Probabilmente, i 110 milioni di euro inflitti come multa dalla Commissione Europea, pur essendo una cifra considerevole, sono una goccia nel mare di un business che nel 2014 Facebook aveva considerato valere 19 miliardi di dollari. 
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