Ius soli, frenata sulla fiducia. Renzi: «Solo con numeri certi»

Ius soli, frenata sulla fiducia. Renzi: «Solo con numeri certi»
di Alberto Gentili
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Sabato 15 Luglio 2017, 07:58 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 09:45

Paolo Gentiloni incontra Angelino Alfano e Luigi Zanda. E Matteo Renzi cambia tattica. Nelle ore in cui si fanno sempre più forti i sospetti che il Pd cerchi l'incidente sullo ius soli per agganciare in extremis le elezioni d'autunno, il segretario dem frena sulla fiducia, con il risultato che di fatto la legge appare ora in bilico. «La vogliamo e intendiamo andare fino in fondo», dichiara il capo della comunicazione renziana Matteo Richetti, «ma il Pd non intende farla diventare un inciampo per il governo o un pretesto per far cadere Gentiloni. Sarà il premier a decidere se mettere la fiducia e il Pd seguirà le sue indicazioni».

Parole molto diverse da quelle pronunciate fino al giorno prima da Matteo Orfini. «La legge va approvata, il governo metta la fiducia», aveva intimato il presidente dem. Ora Richetti cambia spartito e il nuovo leit motive, utile ad allontanare i sospetti dei centristi, suona più o meno così: non è il Pd a decidere sulla fiducia, ma Gentiloni. E sarà il caso che il premier la metta solo «se in Senato ci sono numeri certi». L'obiettivo dichiarato: evitare che passi l'idea che esista una contrapposizione tra largo del Nazareno e palazzo Chigi e che il Pd utilizzi la legge sulla cittadinanza come una trappola con cui far precipitare il governo verso la crisi.

C'è da dire che da almeno una settimana Gentiloni ha fatto sapere che lui la fiducia la vuole mettere. La vuole per non certificare la debolezza del governo. E perché, con 60 mila emendamenti precipitati sullo ius soli, senza fiducia «è praticamente scontata» l'eutanasia della legge, gradita anche al capo dello Stato e invocata dal Vaticano. L'approccio del premier però è cauto. «Mai come questa volta i numeri sono difficili e vanno monitorati», spiegano a palazzo Chigi. Non è così escluso che Gentiloni autorizzi la fiducia, ma che questa venga posta solo dopo la pausa estiva, quando sarà definitivamente chiusa l'ultima finestra elettorale.

L'opzione del rinvio non entusiasma Renzi. Ed è bocciata dal capogruppo dem in Senato, Luigi Zanda: «Il governo non rischia la crisi sullo ius soli, né su altre leggi. Certo ogni giorno, avendo una maggioranza numericamente ridotta, doppiamo garantire i voti su ogni provvedimento. Ma il provvedimento sarà approvato entro la pausa estiva». In realtà le cose non sono affatto così semplici.

NUMERI & ASSENZE
A far gonfiare il petto a Zanda è la convinzione che alla fine si troverà un'intesa con Alternativa popolare. Con una parte dei senatori di Alfano che, se non scatterà il rinvio a settembre, diranno sì alla fiducia. E altri che al momento del voto usciranno dall'aula per far abbassare il quorum, magari con l'aiuto di qualche assenza strategica di forzisti e verdiniani determinati a scongiurare le elezioni in autunno.

Che i fari siano puntati sui centristi, con il ministro Enrico Costa che dice di essere pronto a dimettersi se Gentiloni dovesse forzare la mano, è confermato dalle parole di Richetti. Il capo della comunicazione dem, dopo la frenata, mette a verbale: «Ricordo che Alternativa popolare ha già votato lo ius soli alla Camera, dunque per una questione di serietà e coerenza deve farlo anche in Senato». Una linea condivisa almeno in parte dal centrista Fabrizio Cicchitto: «E' sbagliato forzare sui tempi, ma è altrettanto sbagliato avanzare questioni di coscienza».

Il ministro Costa però non si fa intimidire. Ribadisce il suo no alla fiducia: «La legge sulla cittadinanza cambia il corpo elettorale e la composizione del popolo italiano. Sono aspetti che non possono essere affrontati a colpi di maggioranza». Linea condivisa da Alfano, Beatrice Lorenzin e dai capigruppo Maurizio Lupi e Laura Bianconi che di Richetti prendono solo la frenata e non l'intimazione a votare la legge: «Finalmente parole serie e responsabili dal Pd. Si vada avanti solo se si hanno numeri certi e non si creino problemi al governo con inopportune e divisive richieste di fiducia, tanto più perché questa legge è di iniziativa parlamentare e non impegna palazzo Chigi».

DI RINVIO IN RINVIO
Parole a parte, con l'aiuto di Lega, Cinquestelle e Forza Italia, Alternativa popolare sta facendo di tutto per ritardare il redde rationem. Tant'è, che lo ius soli al Senato sta procedendo a passo di lumaca. In Aula da una decina di giorni, la legge è stata superata dal decreto sui vaccini, rinviato per mancanza di numero legale alla prossima settimana. Poi sarà da approvare la norma per il trasferimento dal Veneto ai Friuli del comune di Sappada. E in forza del regolamento che dà la precedenza ai decreti, il provvedimento sulla cittadinanza verrà bypassato anche dal decreto per lo sviluppo del Sud. E, probabilmente, da quello per il salvataggio delle banche venete. Ciò significa che se tutto va bene la discussione sullo ius soli potrebbe riprendere solo nell'ultima settimana del mese. Forze addirittura a ridosso della pausa estiva che scatterà il 3 o il 4 agosto. O, a questo punto, slittare del tutto.

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