Musulmani, evangelici e cattolici: tutti uniti per l'ultimo saluto al rifugiato annegato nel lago di Bolsena

Musulmani, evangelici e cattolici: tutti uniti per l'ultimo saluto al rifugiato annegato nel lago di Bolsena
di Andrea Arena
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Giovedì 3 Agosto 2017, 10:34

«He was my buddy», era mio fratello dicono tutti, e singhiozzi e lacrime. Tutto il caldo del mondo è dentro il palazzetto dello sport di Montefiascone, in un pomeriggio in cui tre religioni si fondono, seppure nelle loro diversità, per l'ultimo saluto a Morientes. Morientes il 20enne richiedente asilo morto annegato lunedì sera in neanche due metri d'acqua, nel lago di Bolsena. Musulmani, evangelici (come era Morientes) e cattolici pregano secondo le rispettive liturgie, e invocano misericordia ad Allah, al Lord, il Signore, a Gesù Cristo.

Sono un centinaio, i fratelli di Morientes, come lo chiamavano. Ivoriani come lui (c'è il fratello Moussa, appena maggiorenne), e provenienti da altri paesi dell'Africa subsahariana. Arrivati in Italia chi prima o chi dopo, a bordo di barche e gommoni, sfidando la sorte per cercare un posto migliore dove vivere, e non sopravvivere. E quindi accolti da quella grande macchina che ingloba lo Stato (cioè le Prefetture, quella di Viterbo rappresentata ieri dalla viceprefetto Immacolata Amilfitano), le organizzazioni umanitarie, i volontari, e le realtà associative. Come la Intercasa Gea, che tra lo storico albergo Dante a Montefiascone, e San Lorenzo Nuovo, dà ospitalità a questi ragazzi.

La bara di legno è al centro del parquet, appoggiata su un tappeto. E' l'imam il primo a scandire le preghiere per i musulmani, i più numerosi, che si tolgono le scarpe. Poi, a turno, il pastore evangelico (con traduzione in inglese) a far cantare i fedeli. Quindi il parroco, in italiano. Chi non prega, ascolta in rispettoso silenzio, o gira video col telefonino, o piange, o ricorda Morientes. Anche la presidente dell'Itercasa Gea, Paola Fanali, ha il fiato rotto, è sconvolta da quella infinita notte tra lunedì e martedì, come tutti: «Ognuno di noi può salutarlo come vuole, secondo la sua cultura, la sua religione. Ma lo salutiamo tutti come un figlio, come un fratello».

Quando i riti finiscono, e il caldo si fa soffocante, prendono la bara e la portano fuori, ancora cantando, ancora pregando in lingue diverse, o forse nello stesso idioma universale. Indossano magliette di calcio, dalla Nazionale tedesca al Manchester United, all'azzurro italiano, anche se uno sfoggia la sua t-shirt con scritto “Renata Polverini”, prezioso cimelio di antiche campagne elettorali, ma chissà se lui lo sa. Si mettono dietro il carro funebre e sfilano in direzione dl cimitero, dove Morientes riposerà. In pace, dopo un lungo cammino per terra e per mare, perché per sempre nel cuore dei suoi tanti fratelli. Neri, o bianchi, musulmani o evangelici o cattolici: esseri umani.

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