Accoglienza, flop per le parrocchie: pochi profughi nella diocesi del Papa

Accoglienza, flop per le parrocchie: pochi profughi nella diocesi del Papa
di Franca Giansoldati
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Giovedì 31 Agosto 2017, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 13:45
CITTÀ DEL VATICANO - Gli ultimi dati fanno riflettere. Meno del 10 per cento delle 332 parrocchie romane ha recepito, condiviso e concretizzato gli appassionati appelli di Francesco per dare un tetto ai «nostri fratelli migranti», disgraziati arrivati in Italia dopo viaggi pericolosi e traumatici, dapprima nel deserto sfidando i negrieri e poi attraverso il Mediterraneo sfidando bagnarole pericolose. Non solo. Dal quadro complessivo emerso in questi due anni vi sono sono state persino alcune parrocchie che inizialmente, sulla scia dell'emozione, avevano spalancato le proprie porte per accogliere gli stranieri, per poi richiuderle dopo un certo periodo a causa di difficoltà gestionali sopraggiunte, o anche perché le strutture non si erano rivelate adatte, a volte, invece, perché vi era stato nel frattempo l'avvicendamento di un parroco. Di fatto la situazione della comunità cattolica, per come si presenta, offre uno spaccato emblematico. Luci e ombre.

Per essere la diocesi del Papa i numeri non sembrano essere particolarmente esaltanti né motivo di orgoglio visto nelle intenzioni di Bergoglio Roma avrebbe dovuto essere un faro per il mondo intero. Stando alle rilevazioni della Caritas vi sono 3 tipi di circuiti. Il primo caso riguarda 104 richiedenti asilo - 64 uomini e 50 donne - ospitati in convenzione con il Comune e sistemati nei due centri di Acilia e di via Tuscolana dove è attivo il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar). A questo si aggiungono altri 20 stranieri, mamme con bambini, accolti mediante una convenzione con la Prefettura. Si tratta, spiegano, di persone appena sbarcate e non ancora inserite nel circuito dell'accoglienza successiva. Per loro si sono attivate 15 parrocchie e alcuni istituti religiosi. Infine vanno conteggiati 65 posti in altre parrocchie e strutture religiose che intervengono solo quando lo Sprar cessa di essere effettivo, e cioè dopo il periodo consentito che dovrebbe essere di circa un anno. In questo caso si tratta di accoglienza pura, realizzata in condizione di gratuità senza alcun corrispettivo economico, né alcun accordo con le istituzioni. Il totale dei migranti ospitati dalla Caritas diocesana, facendo la somma tra i differenti percorsi di accoglienza, è di 191.

DELUSIONE
I numeri, come si sa, sono sempre un po' ballerini e anche in questo caso variano a distanza di tempo, ma a quattro anni dai reiterati appelli del Papa i bilanci soprattutto per l'altissima concentrazione romana di istituti religiosi e conventi (spesso semivuoti per mancanza di vocazioni o trasformati tout cour in redditizi b&b) - appaiono un po' deludenti. Difficile dimenticare le parole di Bergoglio al Centro Astalli dove funziona una mensa per profughi. Lì ascoltando le storie di sofferenza di eritrei, somali, maliani, nigeriani, aveva invitato «con il cuore in mano» gli Istituti religiosi di Roma a «leggere seriamente e con responsabilità» come segno dei tempi il fenomeno migratorio che bussa alle porte. Stigmatizzando tante stanze vuote e, soprattutto, la voglia di fare business di tanti b&b destinati ai turisti. «Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l'accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti. I conventi vuoti non servono alla Chiesa per guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati». Perché allora non è stato ascoltato l'appello nonostante la grande potenzialità del circuito cattolico? Basterebbe solo andare sul sito www.ospitalitàreligiosa.it e dare una occhiata al grande ventaglio di scelta alberghiera gestita da conventi di suore o frati. Migliaia di posti letto disponibili. Persino l'appello per accogliere un rifugiato a casa fatto l'anno scorso dalla diocesi è stato disatteso, solo 3 i nuclei hanno accolto stranieri.

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