Proprio ieri il dipartimento di Stato americano ha ordinato la chiusura di tre sedi diplomatiche russe. La più importante è il consolato a San Francisco, le altre due sono delle sedi distaccate dell’ambasciata a Washington e del consolato generale di New York. Si tratta dell’ultima risposta dell’amministrazione Trump alla decisione del presidente russo, Putin, di espellere 755 diplomatici americani o dipendenti russi dalle rappresentanze statunitensi in Russia.
L'escalation di tensioni, ha detto Lavrov, «non è stata iniziata da noi», aggiungendo che Mosca ha sempre voluto «mantenere un atteggiamento amichevole verso il popolo americano; adesso siamo aperti a una cooperazione significativa nelle aree di nostro interesse». Il ping pong di accuse e rappresaglie è iniziato quando all'inizio di agosto il Congresso ha votato nuove sanzioni economiche contro la Russia per le presunte interferenze nella campagna elettorale statunitense. Va detto che le sanzioni fanno riferimento non solo alle presunte interferenze nella campagna del 2016, ma anche ad altre questioni molto delicate, come l’annessione della Crimea nel 2014 e la destabilizzazione dell’Ucraina orientale.
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