Caos regionarie M5S/ Democrazia diretta? Senza trasparenza

di Carlo Nordio
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Mercoledì 13 Settembre 2017, 00:05
La sospensione delle “Regionarie” siciliane, imposta dal tribunale di Palermo al Movimento 5 Stelle, conferma ancora una volta l’assunto del filosofo che il destino segue spesso percorsi contrari alla volontà del singolo, che la pietra lanciata dall’uomo appartiene al diavolo, e che, come insegna più modestamente il proverbio, dove non vuoi andare il demonio ti fa correre. L’intervento del giudice accoglie infatti il ricorso di un candidato. 

Si tratta di un candidato escluso dalle liste on line, che ha fatto ricorso ritenendo illegittima la sua estromissione. Il provvedimento è provvisorio, ma intanto ferma questa procedura, che probabilmente dovrà ricominciare daccapo. La cosa in sé non sarebbe nuova né grave, nulla essendo più incerto, nel nostro ordinamento, delle competenze e dei confini tra giustizia e politica. Non per nulla, per fare un esempio, l’esilio parlamentare di Berlusconi non è stato determinato da una bocciatura elettorale ma da una sentenza penale e dalla discutibile retroattività di una norma afflittiva. La cosa singolare, invece , risiede in questa continua nemesi che perseguita i pentastellati da quando sono entrati nell’agone politico, e ancor più da quando hanno rivestito ruoli di comando.

Il Movimento, infatti, ha assunto notorietà e consensi essenzialmente sulla base di tre principi: la legalità, l’efficienza e la trasparenza.Di fronte ai comportamenti degli avversari, spesso inetti nella gestione, opachi nei rendiconti e spregiudicati nelle finanze, hanno avuto buon gioco a proporsi come unica alternativa onesta e capace. Lo hanno fatto con una sorta di pudicizia burbera che ha incantato gli italiani, abituati alla soavità vescovile di una classe politica essenzialmente cinica. 

Ma ora è arrivata, appunto, la Nemesi. Sulla legalità, c’è solo l’imbarazzo della scelta dei loro fallimenti. Non tanto per le indagini su alcuni amministratori, incolpati, come centinaia altri colleghi, dell’evanescente reato di abuso di ufficio, quanto proprio sui criteri di candidatura, dove non passa giorno senza che un estromesso non presenti un ricorso, e un giudice non gli dia ragione. Quello di ieri è solo l ultimo di una serie infinita. 

Quanto all’efficienza, bastano le immagini dei cassonetti galleggianti della Capitale e dell’alluvione di Livorno per dimostrare che, con i sindaci pentastellati, le cose non vanno né meglio né peggio di prima. Il che non significa che abbiano colpe particolari. Significa però che le aspre critiche ai precedenti amministratori erano temerarie quanto le vanterie di una rivoluzione erano illusorie. Infine la trasparenza. 

Anche qui, la pretesa di una palingenesi etica e politica, attuata attraverso le indicazioni in rete, si è rivelata poco più di una puerile ingenuità. Sarebbe stato sufficiente il ricordo delle polemiche che hanno accompagnato il televoto di Canzonissima e dei concorsi di Miss Italia, per capire che questa forma di cosiddetta democrazia diretta è tanto inadeguata quanto insidiosa. 

Dietro questi voti, infatti, possono nascondersi, e speso si nascondono, gruppi di interesse che sono tutto il contrario della trasparenza, e che ricordano i cocci dell’ostracismo ateniese, sui quali gli archeologi hanno trovato tracce di brogli, perché contenevano gli stessi errori di grafia, ed erano stati quindi scritti dalla stessa persona.
Più o meno quello che accade oggi con i “pianisti” del Parlamento, che votano anche per conto degli assenti. Nulla di nuovo sotto il sole. Salva la delusione di chi, nel Movimento, aveva creduto di cogliere proprio le magnifiche e progressive novità.
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