Tendenza Pvc, le trasparenze di plastica salgono in passerella

Tendenza Pvc, le trasparenze di plastica salgono in passerella
di Anna Franco
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Venerdì 3 Novembre 2017, 12:53 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 15:42


La giacca da smoking per lei ha un fit femminile, ma, secondo Emporio Armani, sfoggia i classici revers in raso nero abbinati a un materiale alquanto particolare: puro, semplice, duttile e trasparente PVC. Il cloruro di polivinile, che, generalmente, con la sua formula ha catturato l'attenzione di qualche chimico appassionato di esperimenti in laboratorio e assai poco di passerelle, affascina il mondo della moda e dilaga praticamente in ogni collezione, segno distintivo di stile e modernità.
 

 


SPERIMENTAZIONI
Anche nella collezione Sportmax, programmaticamente lanciata verso il futuro a forza di felpe, abiti a pieghe e tute, tonache e completi spaziali composti da parka e gonne longuette. Ancora altre giacche, che si ispirano a quelle del fondatore del brand, fanno la loro comparsa da Angelo Marani, tra l'immancabile maglieria e il velluto. La novità è che i capispalla in questione, leggermente ampi, sono in plastica nera e fanno il verso alla pelle. Miu Miu, del resto, prendendosi gioco delle frivolezze della moda e dei suoi manierismi, ha proposto cappotti in polietilene, con la silhouette sottolineata da righe nere, completati da colli di pelliccia pastello. Da Lanvin tripudi di chiffon in soffi di abiti da ballerina fanno spazio a completi tuxedo con giacche e pantaloni rigorosi in materiali chimici. Gli stessi con i quali Calvin Klein doppia tubini, cappotti sartoriali e abiti in tulle e piume. Da Emilio Pucci gli scheletri delle famose stampe della griffe sono riproposti su cappe in PVC, mentre Moschino imballa le sue creazioni nei classici sacchetti da lavanderia.
 
E per la prossima primavera/estate ancora plastica. Karl Lagerfeld, da Chanel, la fa acqua che fluttua impalpabile, a furia di intarsi, tra le pieghe dei vestiti in tweed, ma, soprattutto, la forgia come impermeabili, cappe, stivali alla coscia, cappelli e borse per proteggersi dai temporali estivi, ma anche per dimostrare che non si ha nulla da nascondere. Sembrerebbe dirlo anche la ragazza di Valentino Garavani con la sua Rockstud Spike Bag in PVC puntinato di borchie a contrasto. Sulla passerella della maison si è visto un abbigliamento sportivo dalla forte connotazione plastica, tra parka doppiati in questo materiale e ricami classici, ma in paillettes di materie di sintesi, dagli straordinari bagliori lunari, e tacchi in plexiglass che simulano quelli a spillo. Del resto, la stessa casa di moda ha aperto addirittura le porte della haute couture ad alcune lavorazioni in polimeri, che scardinano le regole dell'alta moda. Tutto sommato, però, non si tratta di una novità.

«L'irrequieta designer e poetessa Anita Pittoni - afferma la storica della moda Bonizza Giordani - usava queste particolari fibre negli anni Trenta, vera antesignana. Vennero, poi, le scarpe in plastica di Roger Vivier del 1945 e il sandalo invisibile di Salvatore Ferragamo, che vinse il premio Neiman Marcus nel 1951». Col cellophane ebbero un flirt un po' tutti, dalle sorelle Fontana, che lo tramutarono in dischi, a Elsa Schiapparelli.

SCATOLA FUTURISTA
«Negli anni Sessanta - continua Bonizza Giordani - ci fu il vero e proprio boom. Roberto Capucci presentò la sua collezione futuristica Scatola per l'autunno/inverno 1965-66 a Parigi, nel 1968 lo stilista austriaco Rudi Gernreich progettò abiti con inserti in vinile, che, poi, sono stati di forte ispirazione anche per Alexander Wang, Irene Galitzine, durante Mare Moda Capri del 1967, propose tute plastiche argentate, senza dimenticare le creazioni di André Courrèges, non a caso laureato ingegnere, di Paco Rabanne e i jeans in PVC di Elio Fiorucci degli anni Settanta o la collezione Spazio di Romeo Gigli per l'autunno/inverno 1992-93».
All'epoca, «le fibre sintetiche rappresentavano un anelito verso la conquista dell'universo», spiega Patrizia Calefato, sociologa della cultura e teorica della moda presso le università di Bari e di Stoccolma. «Se all'epoca i nuovi materiali erano connessi a un'idea di progresso, oggi si avvicinano alla tecnologia grazie alle stampanti 3D con cui sono realizzati e strizzano l'occhio alla non artificialità, perché spesso queste plastiche sono ottenute grazie al riciclo». Un simbolo: «La natura è simulata da operazioni informatiche, come nel caso di Iris Van Herpen, ma, soprattutto, è tornato di moda lo spazio: non più come missione sulla luna, ma come viaggio verso un altrove ricco di possibilità».
 

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