«Armi e reazione rapida», incampo la nuova polizia anti-Isis

«Armi e reazione rapida», incampo la nuova polizia anti-Isis
di Cristiana Mangani
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Lunedì 13 Novembre 2017, 11:24 - Ultimo aggiornamento: 20:00
Tempi di reazione più rapidi, intuizione, capacità di analisi: la polizia adegua il suo addestramento alla minaccia terroristica, e lo fa cambiando alcune regole, a cominciare da quella dell'uso delle armi. È di qualche giorno fa una circolare del Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, inviata ai sindacati, alle questure, agli ispettorati, e a tutti i reparti del corpo. Viene spiegato che «in relazione all'attuale scenario internazionale e alla costante minaccia terroristica si è reso necessario rimodulare l'addestramento nelle tecniche operative per fornire agli operatori della polizia di Stato gli elementi di base per intervenire in situazioni critiche e per attuare le regole primarie dell'autotutela». In base al contratto ciascun appartenente alla polizia destina dodici giornate lavorative alle esercitazioni e all'aggiornamento professionale. Di queste - è chiarito - «tre dovranno essere dedicate all'addestramento al tiro, perché le procedure da utilizzare per operare devono essere adeguate alla situazione del momento».

LA LETTERA
La capacità di intervento degli operatori delle forze dell'ordine rimane uno degli aspetti fondamentali nel contrasto alla minaccia terroristica. Basti pensare a Sesto San Giovanni e ai poliziotti che hanno ucciso l'attentatore di Berlino, Anis Amri. E poi, in diverse occasioni, i killer del Califfo hanno manifestato l'intenzione di colpire proprio chi porta una divisa. È successo già a Parigi, quando due poliziotti sono stati assassinati sugli Champs Elysees, e si è ripetuto in altre parti del mondo. Tanto che qualche tempo fa, il capo della polizia Franco Gabrielli ha inviato una lettera ad agenti, dirigenti e funzionari, per spiegare che «un poliziotto può rappresentare un bersaglio», perché «la dinamica del terrorismo jihadista si prefigge proprio questo, di colpire anche chi abbia una valenza simbolica, in modo da amplificare l'effetto, generativo di insicurezza, movente principale delle loro azioni». Per tutte queste ragioni è stato chiesto ai dirigenti «di svolgere un'accurata opera di sensibilizzazione sull'esposizione al rischio e su come debba essere affrontata». Da qui la necessità di rimodulare tiro e sparo, partendo dal presupposto che la cosa più importante è «l'abbattimento dei tempi di reazione».

Le nuove esercitazioni previste nella circolare hanno l'obiettivo di «mantenere l'idoneità operativa». Verranno sperimentate in alcuni Istituti di istruzione (Nettuno, Spinaceto e altri), a cominciare da otto province: Asti, Brescia, Padova, Palermo, Oristano, Salerno, Vercelli e Avellino.

IL DOCU-VIDEO
Ma non è tutto, perché oltre all'aspetto fisico e di reazione, conta anche la capacità di intuire il pericolo. A questo proposito è stato pensato dal Dac, la Direzione centrale anticrimine, e in particolare dal prefetto Vittorio Rizzi, un programma che si basa su un video, curato dallo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi, che ha l´obiettivo di illustrare quei comportamenti che possono rivelare le emozioni (di ansia, paura, rabbia) legate a un imminente attacco terroristico o ad un'aggressione di altra natura. Nel mestiere del poliziotto, infatti, riuscire ad anticipare un'aggressione può significare salvare la propria vita o quella del cittadino che si è chiamati a proteggere. E quindi, attenzione verso chi appare particolarmente agitato, chi indossa abiti sformati o troppo grandi, chi oscilla sulla punta dei piedi, controlla troppo spesso l'orologio, o non ti guarda negli occhi. «Anomalie nel comportamento - specifica Picozzi - che non vanno mai prese singolarmente ma sempre nel loro contesto, e che possono preannunciare un attentato o un'aggressione».