Bomba anarchica a Roma, quella firma che porta al caso Maldonado. Ora l’intelligence si aspetta nuovi episodi

Bomba anarchica a Roma, quella firma che porta al caso Maldonado. Ora l’intelligence si aspetta nuovi episodi
di Cristiana Mangani
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Venerdì 8 Dicembre 2017, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 9 Dicembre, 10:56

Esattamente un anno fa, nella notte tra il 10 e l’11 dicembre del 2016, un attentato incendiario ha distrutto una caserma dei carabinieri in costruzione a Rivarolo (Genova). Due settimane prima, tra il 26 e il 27 novembre, a Bologna due taniche riempite di benzina e polvere pirica, dotate di un innesto a miccia, sono state fatte esplodere a ridosso della stazione dell’Arma di via San Savino. La storia si è ripetuta davanti a commissariati di polizia, a librerie, a luoghi simbolo. E ieri, ancora un ordigno, ancora i carabinieri, e soprattutto ancora gli anarchici, che questa volta hanno scelto di firmarsi come cellula Santiago Maldonado/Fai-Fri.

LA MORTE MISTERIOSA
Maldonado non è un nome qualunque, è un artigiano argentino il cui cadavere è stato trovato in un terreno dove la lana prodotta viene utilizzata per fabbricare maglioni. Il luogo è casuale, anche se la morte è misteriosa e ha scatenato forti reazioni a Buenos Aires. Proteste di massa per questo giovane che difendeva gli indigeni Mapuche che vivono in un territorio ai confini del paese. La vicenda è diventata un caso mondiale. Tanto che due giorni fa i genitori sono stati accolti da Papa Bergoglio a Santa Marta. Proprio qualche ora prima che gli anarchici del Fai decidessero di dedicare l’attentato all’attivista argentino. Un particolare che sembra scelto ad arte.
Gli esperti dell’antiterrorismo stanno lavorando per risalire agli autori. I movimenti dalla A cerchiata sono tutti mappati, si conoscono nomi e cognomi di ognuno di loro. Il leader, Alfredo Maria Bonanno, è ormai avanti con l’età. Ma la Federazione anarchica non molla e insiste a colpire i simboli dello Stato con le stesse dinamiche di sempre, assimilandosi a un’altra realtà che preoccupa l’intelligence, quella legata all’estrema destra. Punto comune di entrambi: il disagio sociale. «Molti di questi gruppi - spiegano gli esperti - sono riusciti a intercettare il malessere. La mancanza di lavoro, la casa che non c’è e la divaricazione sempre più netta tra ricchezza e povertà, stanno facendo da cassa di risonanza e hanno un effetto aggregante. Non si può escludere, quindi - aggiungono - che vengano tentate nuove azioni per dimostrare la reattività dei circuiti anarco-insurrezionalisti alla repressione, sia targate Fai sia con gesti isolati, anche anonimi, coerenti con lo spontaneismo individualista tipico del movimento».

I SITI D’AREA
Vengono citati come esempio i commenti positivi, postati su siti d’area, all’azione esplosiva, non rivendicata, commessa lo scorso anno nella notte di Capodanno a Firenze ai danni di una libreria riconducibile alla destra radicale, che ha provocato gravi lesioni a un artificiere della Polizia intervenuto per disinnescare l’ordigno.
Le indagini del Ros e dell’Ucigos hanno consentito, finora, «di accertare l’esistenza di stabili collegamenti con altri nuclei anarchici, operanti anche all’estero, mantenuti vivi grazie a un abile uso del web, sul quale le discussioni di natura politica e strategica sono frequenti». Il modus operandi - viene chiarito - «connesso con le decine e decine di azioni compiute dall’inizio degli anni 2000, dimostrano che se è vero e giusto che le nostre forze di sicurezza debbano continuare a mantenere alta la guardia nei confronti della potenziale minaccia islamista, è altrettanto vero che il Paese resta costantemente esposto all’azione terroristica di gruppi “domestici” molto attivi come la Fai/Fri. Organizzazioni - considera l’intelligence - che hanno causato problemi ben più gravi e attuali di quelli teorici, almeno finora, legati alle trame del Califfato e del terrorismo internazionale».

 

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