Il filone apocalittico sulla Roma in rovina

Il filone apocalittico sulla Roma in rovina
di Mario Ajello
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Domenica 24 Dicembre 2017, 00:05
“Quando Roma 
aveva le mura 
per difendere l’Europa cristiana 
dal jihad"

@ayeronday11

Ora niente mura, e niente di niente: Roma è una rovina tra le rovine. Ed è un po’ questa, tra decadenza e baldoria, l’Urbe nel romanzo di Federica Fantozzi: «Il logista» (Marsilio). Un thriller e insieme, a suo modo, un libro di denuncia. Il tema è il terrorismo jihadista ma sullo sfondo c’è il degrado (non affrontato in chiave politica) della città: gabbiani voraci, buche in cui lo Scarabeo di Amalia – la giornalista d’inchiesta che indaga sulla trama terrorista contro Roma – rischia di affondare, discariche abusive in periferia ma anche nella no man’s land di Tor di Quinto, il Tevere basso e limaccioso con i pesci che si possono pescare ma non mangiare, i cinghiali a spasso sulla Trionfale, i motorini che invadono i marciapiedi. Ma è Roma questa? Sì. E Roma Nord, il set del «Logista», è un disastro nel disastro.

Qui la città scoppia, in altri recenti romanzi su Roma la Capitale affoga nel suo fiume o piange sul proprio sangue. Il filone apocalittico sull’Urbe ormai è diventato un genere letterario vero e proprio. E non è difficile capire il perché. Nel caso del romanzo della Fantozzi, c’è anche la descrizione della gentrification che riguarda pezzi di città. Quartieri in cui ferramenta e mercerie cedono il posto a ristoranti di sushi, disco-bar e negozi di candele aromatiche. Dove artigiani e contadini del mercato incontrano la movida alcolica giovanile. E l’identità di tutto e di tutti è svanita nel nulla. Al punto che il jihad, per risparmiare tempo e fatica, potrebbe pure infischiarsene di Roma.
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