Nessuna ronda, nessuna militarizzazione del territorio, ma solo amore verso un esperimento di integrazione unico al mondo, seppure pieno di contraddizioni. «La nostra protesta è in antitesi rispetto a un vento brutto che soffia in Italia in questo momento. Il nostro è un contrasto al degrado cercando di essere inclusivi - spiega Daniela D'Antonio - È cresciuto il numero di persone che vivono in strada che spesso, ignorate dalle istituzioni vengono assoldate dalla criminalità, diventando loro stesse vittime di traffici e disagio. E a chi cerca di soffiare sul fuoco dell'intolleranza dicendo che i pusher sono stranieri, io rispondo che i consumatori sono italiani». L'attrice Carlotta Natoli definisce piazza Vittorio «un crocevia esistenziale, con la stazione Termini e la mensa della Caritas a due passi. Un esercito di persone alla mercé di un giro criminale. Invece di essere un fiore all'occhiello dell'integrazione qui rischia di diventare una bomba ad orologeria. Chiediamo alle istituzioni di svegliarsi!».
Ecco il perché delle chat: «Le forze dell'ordine - continua Natoli - adesso ci danno retta quando segnaliamo, ad esempio, dei pusher o episodi di criminalità.
Prima non avveniva». Di qui l'appello «affinché si raduni un tavolo che veda sedute insieme le istituzioni, il Comune, Ama, Acea e le forze dell'ordine per un progetto che riguardi tutti - spiega Daniela D'Antonio - È necessaria la riqualificazione urbana e commerciale del rione perché se non c'è un tessuto commerciale vivo, il Rione muore. Ad esempio, si potrebbero prevedere sgravi fiscali per le attività magari con tavolini all'aperto, che decidano di aprire sotto i portici». Le fa eco Carlotta Natoli: «Paghiamo le tasse e chiediamo la sicurezza per noi e i nostri figli, chiediamo di attraversare la piazza senza paura, chiediamo di illuminare i giardini e di tenere più pulito il rione».
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