Fosse Ardeatine, 80 anni: i nomi delle 335 vittime, gli applausi a Mattarella

Il Capo di Stato nel luogo della strage

Fosse Ardeatine, 80 anni: i nomi delle 335 vittime, gli applausi a Mattarella
di Mario Ajello
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Sabato 23 Marzo 2024, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 12:25

Volti di italiani, di romani, di gente fiera e coraggiosa. Scorrono uno dopo l'altro, e sono 335, sullo schermo all'ingresso delle Fosse Ardeatine. Le vittime sono state loro, eccoli i martiri, una foto dopo l'altra e uno speaker che scandisce i loro nomi. Davanti a una folla di discendenti di questi 335 patrioti che la furia nazifascista, 80 anni fa, condannò a morte. Ma «ci rivedremo in Paradiso», scrisse uno di loro alla moglie. L'inferno della rappresaglia guidata da Kappler li colpì, e ora la memoria li venera. Il presidente Mattarella ha deposto la corona di fiori all'ingresso delle cave della morte, diventate un sacrario di resurrezione civile, e resta in silenzio e in cordoglio pensando ai 335 che vennero trucidati proprio qui. Poi il Capo dello Stato entra nella grotta dell'eccidio e legge la lapide in cui c'è scritto: «Qui fummo trucidati. Dal nostro sacrificio sorga una patria migliore». Mattarella continua il giro sotterraneo e si ferma un'altra volta nel luogo dove ci sono le tombe. Nel palco delle autorità, insieme a lui, in prima fila sono in piedi i presidenti delle Camere, La Russa e Fontana, Augusto Barbera (presidente della Consulta), il ministro Crosetto, i vertici dell'esercito, il presidente regionale Rocca, il sindaco Gualtieri, i rappresentanti della comunità ebraica e quelli delle associazioni partigiane. La messa cattolica officiata dal cappellano militare Sergio Siddi, la preghiera ebraica officiata da Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunità ebraica di Roma. E un'atmosfera di profondo raccoglimento. Parlano del significato dei caduti del 24 marzo 1944 il presidente e il segretario Anfim (Associazione nazionale famiglie italiane martiri), Francesco Albertelli e Marco Trasciani.

Sia quando arriva sia quando va via dal mausoleo, Mattarella è stato omaggiato così: «Grazie presidente», «Grazie per quello che lei fa per il popolo italiano», «Abbiamo in lei, caro presidente, una garanzia di pace e di civiltà».

Glielo dicono i cittadini e i familiari delle vittime delle Fosse Ardeatine. Lui mantiene il suo classico contegno che fornisce fiducia e sicurezza. Gli applausi sono per lui ma sono soprattutto in onore dei 335 di cui vengono scanditi i nomi e fatte vedere le foto. Dal primo di loro, Ferdinando Agnini, che era stato chiuso in un cella di via Tasso e torturato (mentre il padre a sua volta arrestato ascolta le grida dalla cella affianco) all'ultimo in ordine alfabetico: Augusto Zironi, tenente di vascello e medaglia d'oro al valor militare. E in mezzo tutti gli altri. Come intere famiglie di ebrei, sterminate, per esempio i Di Consiglio. O i Moscati, Vito e Pace, due fratelli: passavano da Campo de' Fiori, vennero individuati come ebrei da un delatore, arrestati e destinati nella lista per la strage delle Fosse Ardeatine. Storie su storie. E guai a dimenticarle.

IERI, OGGI

Spiega il sindaco Gualtieri: «Furono uccisi italiani, ebrei, antifascisti e partigiani, per terrorizzare la città di Roma e intimidire la Resistenza. Fu un drammatico crimine contro l'umanità e noi abbiamo il dovere di onorare la memoria di quelle persone, uno spaccato dell'Italia». E il presidente Rocca: «Le Fosse Ardeatine come esempio di come le mostruosità inghiottano gli esseri umani». Persone come don Pietro Pappagallo che le SS arrestarono con l'accusa di «attività comuniste». Venne ucciso a 55 anni insieme agli altri martiri - alcuni dei quali prima di ricevere insieme a lui il proiettile mortale da parte dei nazisti di Kappler gli chiedevano: «Padre, benedicici» - e anche a lui s'ispira la figura del prete interpretato da Aldo Fabrizi nel film di Rossellini, «Roma città aperta».

Onorare la memoria di quelle vittime della guerra mentre infuria di nuovo una guerra anzi più di una ai confini della nostra Europa. E' questo il filo del discorso di Francesco Albertelli, nipote di Pilo Albertelli, partigiano anche lui ucciso nella strage di 80 anni fa. Bisognerebbe chiudere gli occhi per qualche minuto, per un solo minuto, e pensare - dice Albertelli - a queste persone e alle loro vite, fiere e oneste. Così sarete in grado di comprendere il significato profondo di questo luogo».

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