È stato picchiato brutalmente da un 17enne e un 15enne, venerdì, in vicolo Rialto. Il giorno dopo, trova parole di solidarietà con il papà del bulletto 17enne. Luca Gobbo ieri mattina si è messo in auto per tornare a casa: vive in Svizzera con la famiglia ed era a Treviso per incontrarsi con alcuni parenti. Tornerà nella Marca tra un mesetto. Per ora ha chiuso il brutto episodio di vicolo Rialto tra una parentesi. Non senza dire: «Il papà di quel ragazzetto che mi ha pestato è di una gentilezza disarmante. È proprio una brava persona. Il giorno della rissa mi ha pregato di chiamare i carabinieri e mi ha detto, esattamente “Faccia quello che deve fare”, come se cercasse un’ancora di salvezza nelle forze dell’ordine per raddrizzare una situazione che non riesce più a gestire». Gobbo ha riportato ferite lievi e rifarebbe quello che ha fatto venerdì. «Ho visto una mamma insultata da quei due che circolavano in bici in Galleria Rialto. Li aveva redarguiti, chiedendo di scendere dalla bici e loro l’avevano insultata. L’ho difesa e sono stato colpito con calci e pugni».
LA TELEFONATA
Ieri mattina, il giorno dopo la rissa, il papà del 17enne ha telefonato a Luca Gobbo per informarsi sulle sue condizioni di salute.
PADRE E FIGLIO
Ma c’è di più. Perché qualcosa è successo tra padre e figlio venerdì pomeriggio in Questura. Il 17enne era in stato di arresto. Ma il papà lo ha visto e gli ha parlato. Poche frasi. Forse, sufficienti a farlo sperare. È sempre Gobbo a raccontarlo: «Quando mi ha telefonato mi ha detto che aveva visto il figlio in Questura e che il ragazzo gli aveva detto “Sono stanco, papi”. E poi gli ha chiesto come stava la persona che aveva malmenato. Mi ha detto che ha visto un figlio diverso. O, almeno, ci spera tanto». Gobbo conclude: «Il papà ha visto una scintilla di speranza. Il figlio era esausto. Forse si renderà conto di cosa ha combinato. E forse la sofferenza che ho letto in quella famiglia potrà alleviarsi un po’».
Che il problema dei giovani e delle devianze giovanili sia al centro del dibattito, anche dell’Usl 2, lo dicono i dati. Nicola Michieletto, direttore dei servizi Iat (Infanzia, adolescenza, famiglia) dell’Usl 2 lo sottolinea così: «Negli ultimi 4 anni l’accesso ai servizi da parte di giovanissimi - tra i 12 e i 17 anni - è aumentato del 20 per cento. Gli interventi mirati soltanto sui ragazzi si rivelano, però, poco incisivi. Dobbiamo riuscire a intercettare le famiglie».