«Ripensiamo il centro di Latina, ma senza dimenticare anziani e ultimi»

Remigio Russo, giornalista e terziario francescano interviene nel dibattito aperto dal presidente Ance, Palluzzi. «Latina di domani deve scegliere tra individualismo e comunità»

Vescovo Mariano Crociata incontro annuale giornalisti 2018
di Vittorio Buongiorno
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Maggio 2024, 06:00

Lui voleva scrivere una lettera, anzi l’ha scritta, dopo aver letto le interviste sull’urbanistica a Latina e sul futuro di questa città. Noi in redazione cercavano qualcuno in grado di forniere un punto di vista diverso sulla discussione, qualcuno in grado di agganciare il dibattito su quale centro storico, quale marina, quale idea di città a lungo termine, con la realtà odierna, su un centro sotirco in cerca di identità e alle prese con un degrado diffuso e soprattutto con quello che appare un disinteresse generalizzato.

Ci siamo trovati così, a meta strada, con la stessa voglia di confrontarci e di non cadere nella tentazione del silenzio. Lui è Remigio Russo, giornalista di vecchia data, terziario francescano, volontario della Croce Rossa. «Oggi si dice professo - dice con la precisione che tutti gli riconoscono - ovvero chi ha dichiarato pubblicamente il proprio impegno per la costruzione di un mondo più fraterno secondo lo stile di Francesco».

«Ho ascoltato in tv una intervista al presidente di Federterme che spiegava quanto stia andando bene questo comparto economico , gli brillavano gli occhi. Ho ripensato alle interviste di questi ultimi giorni. Non ho potuto non fermarmi a riflettere e a ricordare, come il vecchietto seduto su una panchina all’ombra di un bell’albero a guardare un bel panorama. Hai riportato di tante idee e tante rivendicazioni. Resta il fatto che siamo sempre nell’ordine dei pensieri, di concretezza neanche l’ombra».

Non credi che qualcosa possa cambiare in questa città?

«Tu hai citato persone di un vero passato: il sindaco Ajmone Finestra e il suo consulente Nando Cappelletti. Ecco che mi sento davvero come il vecchio di sopra. Mi affiorano i ricordi di quando seguivo la cronaca amministrativa di quegli anni, e mi rendo conto solo ora di quanti ne sono trascorsi. Tanti come le occasioni perse».

Le elenchiamo?

«Il riassetto urbanistico di Cervellati, che la storia un giorno ci dirà chi veramente lo ha fatto saltare; la “perequazione” per gli edifici sulle dune da trasferire al Comune che in cambio avrebbe riconosciuto ai proprietari la stessa cubatura aumentata di un premio per costruire lato monte, in una zona rivista anche con la presenza delle terme; una marina sempre fruibile; piscine, sport e altro a Borgo Piave; un centro storico per i giovani visto che si punta all’università. Devo continuare?»

Invece?

«Inutile dire che non abbiamo nulla di ciò».

Ripartiamo da qui, dal centro storico oggi.

«Se in tutti questi anni si è scritto continuamente sull’assetto del Centro storico, non riuscendo a decidere tra isola pedonale e Ztl, qualcosa significherà pure sulla nostra capacità come comunità cittadina di pensare, valutare, pianificare e realizzare un progetto».

Tu come lo vedi?

«Proprio il centro storico, con i suoi stradoni deve far pensare. Strade larghe, davvero larghe, marciapiedi stretti e di fatto occupati da tavolini e sedie: ma le famiglie e non solo loro, con bambini e magari anche il cagnolino, oppure i gruppetti di ragazzini ce li vedi a passeggiare facendo slam tra un aperitivo e un caffè per camminare e guardare le vetrine dei commercianti? Ci penso sempre dopo aver passeggiato per Cosenza, una città del Sud; peggio, della Calabria. Direbbero i razzisti nostrani. In questa città esiste nella parte bassa lo storico Corso Mazzini, è tipo il nostro Corso della Repubblica. Da anni i cosentini lo hanno completamente pedonalizzato: negozi a destra e a sinistra, anche di marchi molto famosi, compresi bar e gelaterie e pizzerie, ma nessun tavolino e sedie sui marciapiedi, li hanno sistemati al centro della strada. Idea banale ma che accontenta tutti. Hanno pure abbellito il corso con delle opere d’arte, cioè un museo all’aperto. Ma non si poteva fare una cosa del genere anche nel nostro centro storico? »

Secondo te, perché non ce l’abbiamo fatta?

«Gli obiettivi si definiscono e si raggiungono solo se si divent una comunità».

Immaginiamo che questa volta si riesca ad andare oltre le parole e i progetti. Che consiglio dai per la città del futuro?

«Di ricordarsi degli anziani, sempre più soli, con i figli lontani. Se pensiamo a una città da qui ai prossimi 30 anni questo sarà un punto centrale del centro di Latina. Abbiamo due scelta: deportarli, oppure pensare a case con spazi e servizi comuni a loro misura. Questo farà la differenza: ridisegnare un centro tenendo a mente la socialità, i rapporti tra le persone».

Lo dici perché bisogna dirlo o pensi che sia fattibile?

«Mi interrogo, mi chiedo se si possa andare oltre il modello della casa popolare. Perché rifare il centro non dovrà essere solo ridare valore immobiliare alla zona, bisogna pensare al bene collettivo, tenere a mente il senso della dottrina sociale della chiesa. Rispettare tutti e pensare a tutti soprattutto agli ultimi. D’altra parte non è questo quello che deve fare l’urbanistica? Latina deve scegliere se essere una città individualista o una comunità. Io la vorrei così: una città in grado non lasciare indietro nessuno, neanche chi vuole dormire in mezzo alla strada. Dobbiamo provare a immaginare una soluzione anche per chi non capiamo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA