Latina, risarcimento per sangue infetto, ma il carabiniere è morto da un anno

Una sacca di sangue, oggi i controlli evitano i contagi avvenuti tra gli anni '70 e '90
di Giovanni Del Giaccio
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Martedì 17 Ottobre 2017, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 14:03
Non vedrà mai il risarcimento di circa 400.000 euro, né gli arretrati dell'indennizzo della legge 210 del 1992 perché è morto nel 2016. E' la triste storia, una delle tante, di sangue infetto. La vittima è un carabiniere di Latina che nel 1972 era stato ricoverato presso l'ospedale di Pieve di Cadore, in provincia di Belluno. 

Il Ministero della Salute è stato condannato  per non aver controllato il sangue somministrato dopo che l'uomo aveva contratto l'epatite C e per questo aveva intentato una causa  per i danni. Nel frattempo una commissione medica ospedaliera ha accertato che la morte del carabiniere  è stata causata dall'evoluzione in cirrosi dell'epatite C.

Il provvedimento è stato notificato oggi all'avvocato Renato Mattarelli - che assiste gli eredi nella procedura per l'ottenimento di un primo indennizzo  previsto dalla legge  210/1992 - emanata proprio per in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue infetto.

«Sulla base di questo giudizio di relazione causale fra trasfusioni, contagio epatico, cirrosi e decesso inizieremo a breve una nuova causa - dice l'avvocato - per far ottenere agli eredi un nuovo risarcimento per i danni che hanno patito in proprio per la morte del loro congiunto che a tutti gli effetti è un omicidio colposo».

La vicenda del militare rientra nel periodo dello scandalo del sangue infetto, quando non c'erano i controlli di oggi sia per l'uso di plasma umano sia per quello di emoderivati, mentre attualmente il Centro nazionale sangue ribadisce che da dieci anni non si verificano infezioni post-trasfusionali.
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