A Venezia la grinta senza età delle primedonne del cinema

A Venezia la grinta senza età delle primedonne del cinema
di Gloria Satta
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Lunedì 2 Settembre 2019, 07:52 - Ultimo aggiornamento: 11:51

VENEZIA
Sarà Luca Guadagnino a presentare la mitica Julie Andrews, 83, che oggi riceve il Leone d'oro alla carriera. «È un'icona del 20esimo e 21esimo secolo», spiega il regista di Chiamami con il tuo nome, «ha rappresentato ai massimi livelli la recitazione, la danza, la musica, la scrittura e l'attivismo politico ed è un simbolo di eleganza». In attesa della vera, inimitabile Mary Poppins, la 76esima Mostra ha applaudito ieri altre due signore del cinema: Meryl Streep e Penelope Cruz. Meryl, 70 anni e tre Oscar, ha incantato il Lido come protagonista di The Laundromat, commedia nera di Steven Soderbergh sulle frodi del sistema finanziario americano. Applausi anche per Penelope, 45 anni e un Academy, che con la consueta grinta interpreta la moglie di una spia cubana in Wasp Network di Olivier Assayas. Del tutto fuori programma, le due attrici si sono incontrate e abbracciate davanti ai giornalisti. «Meryl è per me una maestra», ha spiegato la spagnola.

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IL CARISMA
«Ogni volta che devo decidere se girare un film o no, mi pongo una domanda: aiuterà il mondo ad andare avanti o gli farà male?», racconta Streep, viso che spande luce e carisma inattaccabile dal tempo. «Nel mio lavoro, mi preoccupo sempre di coniugare divertimento e impegno: se un film è eccessivamente didattico o noioso non funziona, si può fare intrattenimento anche quando si mostrano le zone più buie della realtà». E si ride amaro in The Laundromat, produzione Netflix (disponibile dal 18 ottobre) che denuncia una vicenda recente puntando su un supercast: Gary Oldman, Antonio Banderas, Sharon Stone, Mathias Schoenaerts affiancano la divina Streep che, nei panni di una vedova in cerca di risarcimento dopo la morte accidentale del marito, porta allo scoperto un meccanismo infernale a base di società offshore, banche fantasma, denaro riciclato fino sfociare nei famigerati Panama Papers, cioè la lista dei patrimoni ospitati nel paradiso fiscale centroamericano.

LA SFIDA
«Nell'ultima scena in cui leggo la lettera dell'informatore che nel 2015 fece scoppiare lo scandalo», spiega l'attrice, «ho ripetuto quelle parole fedelmente: sentivo una grande responsabilità, l'indagine ha provocato la morte di molte persone». Fa una pausa. «In America servirebbe una legge capace di proteggere i patrimoni, chiunque di noi può essere inconsapevolmente complice di un sistema fraudolento. Ho interpretato il mio personaggio pensando a mia madre e alle persone che, come lei, credono nella giustizia. E quando scoprono che viene calpestata, lottano per cambiare le cose. Dobbiamo sostenerle». Ma lei, quando affronta un ruolo, cerca sempre di superare se stessa? «La sfida per me non è un compito a casa o una medicina da inghiottire», risponde Meryl sorrridendo, «invecchiando, semmai, amo guardare oltre le cose che credo di conoscere e cerco di aprire ancora di più la mia mente».

GUERRA DI SPIE
Parla di realtà anche Wasp Network: ambientato negli ultimi anni della Guerra Fredda, è un dramma di spionaggio che racconta con continui colpi di scena una pagina di storia poco conosciuta: lo scontro tra cubani castristi e oppositori che, dalla Florida, con l'appoggio della Cia tentavano di far crollare il regime attraverso gli attentati. «A Cuba ho trovato un popolo meraviglioso, ricco di umanità e di valori», racconta Penelope Cruz. «Ma è difficile capire come stia cambiando il Paese: non ho avvertito una grande libertà e questo fatto mi preoccupa, nel 2019 tutti dovrebbero poter esprimere il proprio pensiero».
L'attrice interpreta Olga, combattiva moglie di una spia e patriota pronta a sacrificarsi per la causa: un personaggio reale come tutti gli altri che popolano il film. «Non mi sono totalmente identificata con lei, è troppo estremista», dice. «Ma non sempre sono d'accordo con i miei personaggi né mi sforzo di amarli». Olga vive nella paura costante, cosa spaventa invece Penelope? «L'individualismo esasperato che divide sempre più il mondo. E l'avanzata incontrollata della tecnologia: stiamo andando troppo veloci e a volte vorrei tornare agli Anni Novanta, quando non eravamo assediati dalla comunicazione. Oggi, bombardato da troppi stimoli, il nostro cervello rischia di esplodere. Che tragedia».
 

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