Elisabetta aveva otto mesi quando la mamma è stata uccisa sotto i suoi occhi. Era il 26 marzo del 2008. Lei sul seggiolino dell'auto, Dina Dore - 37 anni - con la testa fracassata e il nastro adesivo intorno alla bocca, è morta soffocata nel bagagliaio. Tanti anni di indagine a vuoto, si pensava a un sequestro finito male, e poi la svolta: a ordinare l'omicidio della moglie era stato Francesco Rocca, facoltoso dentista di Gavoi (provincia di Nuoro). Ragioni economiche più che sentimentali: lui voleva liberarsi di Dina per vivere con la sua amante ma senza divorziare così da mantenere intatto il patrimonio di famiglia. Aveva dato 250mila euro a un killer - un minorenne - per uccidere la moglie, ma l'assassino aveva confidato il segreto e il testimone aveva parlato. Elisabetta adesso ha 12 anni, vive con la zia Graziella - sorella della madre - del padre in carcere (è stato condannato all'ergastolo) e della mamma che non c'è più non parla mai. «Mi preoccupa molto questo suo silenzio», dice Graziella che ha in affidamento la nipote e si fa carico di tutte le spese. «ll padre dovrebbe preoccuparsi del suo mantenimento, ma non ha mai dato nulla. Per adesso io e mio marito riusciamo a non farle mancare niente, ma penso a quando dovrà andare all'università e ci saranno spese molto più grandi».
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Elisabetta potrebbe non avere alcun risarcimento. «Le zie e la nonna da parte del padre - spiega Graziella - hanno intrapreso due cause civili per spogliare lui di tutto i suoi beni in modo che alla figlia non venga dato niente». La famiglia di Francesco Rocca dice di aver sostenuto 800mila euro di spese legali e quindi chiede di riappropriarsi del suo patrimonio. Al padre non resterebbe nulla e non potrebbe così pagare il risarcimento ai familiare della moglie, come ha previsto la sentenza. «Non pensano al futuro di questa ragazzina a cui non resterà nulla», dice la zia. Al processo contro il padre la bambina non si è costituita parte civile, così aveva deciso il tutore.
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«Qualora riuscisse l'obiettivo di svuotare il patrimonio del padre di Elisabetta - annuncia l'avvocato Annamaria Busia che tutela la bambina e ha ispirato la legge sugli orfani dei femminicidi - citerò in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri. Lo farò per Elisabetta e per tutti gli orfani dei femminicidi. Nella causa allo Stato ci appelleremo alla direttiva europea sul risarcimento alle vittime di reato». Graziella Dore e l'avvocato Busia sono intervenute al Senato alla conferenza sul bilancio della legge a tutela degli orfani dei femminicidi, a due anni dall'approvazione, con le senatrici Loredana De Petris e Valeria Valente, presidente della Commissione parlamentare sul femminicidio.
Dopo quasi due anni di paralisi, «con i decreti attuativi stiamo recuperando il tempo perduto», sostiene al senatrice De Petris. Si calcola che gli orfani siano 2mila, ma ancora non c'è un'anagrafe.
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«La legge prevede il congelamento dei beni degli uxoricidi in modo che non vengano utilizzati per spese legali e siano una garanzia per gli orfani - spiega l'avvocato Busia - adesso occorre un intervento per tutelare questi bambini e questi ragazzi dai crediti. Bisogna evitare che arrivino l'Inps o Equitalia a chiedere soldi agli eredi per vecchie sanzioni». Non devono più verificarsi casi come quello della richiesta di risarcimento di oltre 120mila euro - di qualche giorno fa - alle due sorelle senza più madre e madre da parte dell'Inps, per cui è intervenuto anche Mattarella. «Tutta la seconda parte della legge che riguarda l'assistenza agli orfani purtroppo non ha trovato attuazione».
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L'iter della legge per gli orfani dei femmincidi ormai è avviato. «Per due anni abbiamo aspettato i decreti attuativi - aggiunge la senatrice Valeria Valente - entro febbraio la legge diventerà operativa. Sono stati stanziati 12 milioni, le risorse ci sono, il problema semmai è capire di cosa hanno bisogno gli orfani. Bisogna accompagnare la famiglia affidataria che si prende cura di questi bambini che sono due volte orfani. I femminicidi sono in crescita, contrariamente a tutti gli altri reati. Cosa c'è che non va? É stata sottovalutata la portata culturale di questo fenomeno. Non si può chiedere a una donna di denunciare fino che lo Stato non sarà in grado di proteggerla».
Elisabetta, 12 anni, orfana di femminicidio e senza risarcimento. L'avvocato: «Faremo causa allo Stato»
di Maria Lombrdi
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Martedì 17 Dicembre 2019, 20:19
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