Morire sotto le bombe o morire di stenti. Non sembra esserci via di scampo sulla Striscia di Gaza. I raid non risparmiano gli sfollati, ammassati e senza riparo nelle regioni a sud, tanto che tra i profughi serpeggia pericolosa l’idea di provare a tornare a casa. «Perché siamo fuggiti senza portare niente, ma qui non abbiamo niente, né un materasso, né cibo. Il mondo deve sapere», è il grido disperato di chi si sottopone a file estenuanti di sei ore per una razione di pane e di acqua: meno di un terzo di litro a persona al giorno, meno di una lattina.
Dove non c’è sangue, c’è fame e disperazione.
TENDOPOLI INSUFFICIENTI
Una crisi umanitaria che rischia di uccidere civili senza attacchi mirati. Oltre un milione gli sfollati, oltre 7mila i morti, decine di migliaia i feriti. Molti sono accampati per terra, a ridosso di edifici e tendopoli, per loro non c’è posto ma all’ingresso nessuno controlla più, e nessuno si registra. E se la popolazione beve acqua inquinata e salina, per via della mancanza di carburante gli impianti di trattamento delle acque reflue e gli impianti di desalinizzazione hanno smesso di funzionare e i liquami si accumulano in strada ormai da giorni, «un enorme rischio per la salute», scrive The Guardian, segnalato già dalle Nazioni Unite alle quali era stato consentito di far funzionare gli impianti fornendo carburante solo dalle 8 alle 10 di ogni mattina.
SOLO DIECI CAMION
E mentre il bollettino di ieri parla di 10 camion passati al varco di Rafah, il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha annunciato che dieci dei suoi esperti, con una squadra di chirurghi di guerra, sono entrati a Gaza insieme a sei camion di aiuti medici e pastiglie per la purificazione dell’acqua. Le forniture mediche sono sufficienti per curare tra 1.000 e 5.000 persone, mentre le compresse per la purificazione dell’acqua possono trattare 50.000 litri di acqua potabile. Fabrizio Carboni, direttore regionale del Cicr ammette: «Una piccola dose di sollievo, ma non è sufficiente. È urgentemente necessario un accesso umanitario sicuro e duraturo. Questa catastrofe umanitaria si aggrava di ora in ora». Quello degli aiuti umanitari è un tema su cui si sta discutendo in queste ore a livello internazionale. L’Ue sta valutando la possibilità di sostenere l’invio di aiuti a Gaza tramite corridoi marittimi. L’idea è emersa al tavolo dei leader di ieri, aprendo la strada a un dibattito nel quale alcuni Paesi, in particolare la Francia, si sono detti pronti a muoversi via mare.
Nessun villaggio è più al sicuro lungo la Striscia. E un terzo degli ospedali hanno smesso di funzionare. «È un vero orrore, abbiamo tanta paura», è l’allarme dei profughi, ostaggi anche loro di un interminabile stillicidio, in attesa ogni giorno di aiuti che si rivelano infinitesimali.