Elezioni Slovacchia, ecco come la vittoria di Fico cambia gli equilibri in Europa tra la crisi Serbia-Kosovo e il voto in Polonia

Dopo le elezioni in Slovacchia, si attendono quelle in Polonia a ottobre. Nel frattempo però riesplodono le tensioni in Kosovo

Non solo l'elezione di Fico, ecco cosa mina gli equilibri europei (e il sostegno all'Ucraina)
di Riccardo Palmi
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Domenica 1 Ottobre 2023, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 14:56

«Siamo pronti ad aiutare l'Ucraina a livello umanitario e con la ricostruzione del Paese, ma non con gli armamenti». Ha subito messo le cose in chiaro Robert Fico, vincitore delle elezioni in Slovacchia, dandosi due settimane per formare un esecutivo. Un'impresa non semplicissima visto che sarà un governo di coalizione: forse con Hlas dell'ex premier Pellegrini, arrivato terzo con il 15%, e con il Partito nazionale slovacco; in alternativa, mettendo insieme altri piccoli partiti. 

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I Paesi ai confini dell'Ucraina

Nel frattempo però a Fico sono arrivati i complimenti di Viktor Orban: «È sempre bello lavorare insieme a un patriota. Non vedo l'ora!», ha scritto in un tweet il premier ungherese. E l'ascesa di Fico (filo-russo e nazionalista) potrebbe contribuire a spostare l'asse dell'Unione Europea: la Slovacchia è sì un Paese piccolo (non arriva a sei milioni di abitanti) ma la propaganda di Mosca è molto attiva, metà della popolazione conosce il russo e, in tutto questo, confina con l'Ucraina. Nel 2022 era stato il primo Paese dell'Ue a inviare a Kiev un sistema di difesa anti-aerea. Il cambio di rotta sembra rendere meno solo Orban nel fronte dei paesi confinanti con l'Ucraina che iniziano a smarcarsi dalla causa di Kiev. Elenco a cui potrebbe in qualche modo aggiungersi Varsavia, con un clamoroso dietrofront. In Polonia (tra i primi Paesi per sostegno militare a Zelensky) si vota a metà ottobre e il premier Mateusz Morawiecki ha recentemente annunciato un clamoroso stop agli aiuti militari all'Ucraina, sull'onda di una querelle legata al grano: Bruxelles ha riaperto alla sua esportazione (e non solo al transito) da Kiev in cinque paesi dopo un lungo stop.

Se Romania e Bulgaria hanno accettato la decisione, a opporsi sono stati proprio Polonia, Ungheria e Slovacchia.

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Elezioni e tensioni

Il cambio di atteggiamento di Varsavia è legato a schermaglie elettorali: il partito di destra Diritto e Giustizia di Morawiecki non vuole giocarsi il voto degli agricoltori, che potrebbe risultare fatale nella competizione con il candidato filo-europeista Donald Tusk. Per questo occorrerà capire le mosse polacche dopo il voto. Infine, più piccolo, ma non privo di importanza, appare in questo scenario il ruolo della Moldavia, governata in questo momento da un partito filo-occidentale (Pas) e con una presidente della Repubblica, Maia Sandu, che guarda a Bruxelles e forse ancor di più a Washington. Chișinău, candidata con l'Ucraina all'ingresso nell'Ue, da mesi denuncia tentativi di infiltrazione russa e di recente è stato sciolto il terzo partito nazionale, Șor, legato a un controverso oligarca. Tra la Moldavia e l'Ucraina, poi, ha si trova la Transnistria, regione separatista dove operano un migliaio di militari russi come peacekeepers. 

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Il fronte dei Balcani

In questo scenario, i venti di instabilità in Europa arrivano anche dai Balcani: tra la Serbia (peraltro tradizionalmente legata alla Russia) e il Kosovo si assiste da mesi a una tensione crescente. Prima la questione delle targhe che aveva provocato tensioni e blocchi della circolazione nei comuni a maggioranza serba a nord del Paese. Poi, sempre in questi comuni, le elezioni comunali, boicottate dai serbo-kosovari e vinte dai sindaci kosovaro-albanesi, che sono riusciti a insediarsi solo scortati dall'esercito dopo altre tensioni. Infine, il commando di paramilitari serbi che ha attaccato una pattuglia della polizia nei pressi del monastero serbo-ortodosso di Banjska, uccidendo un agente. Tre esponenti del gruppo sono rimasti uccisi e dell'attacco si è preso «piena responsabilità» Milan Radoicic, vicino alla Srpska lista (il gruppo politico rappresentativo dei serbi del Kosovo). Un episodio a seguito del quale le tensioni sull'asse Belgrado-Pristina sono di nuovo tornate oltre i livelli di guardia, anche perché nel frattempo gli Usa hanno accusato la Serbia di aver ammassato militari al confine. Solo nelle ultime ore, le truppe si sono in parte ritirate. 

 

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