A cena con Nerone nella sala girevole: nuove prove confermano l’esistenza della “coenatio rotunda” dell’imperatore

A cena con Nerone nella sala girevole: nuove prove confermano l’esistenza della “coenatio rotunda” dell’imperatore
di Laura Larcan
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Mercoledì 3 Febbraio 2016, 23:55 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 13:10
Una porta nascosta per duemila anni sotto strati di terra. Un varco che svela l’accesso segreto ad una scala a chiocciola in mattoni perfettamente conservata, che scende per 62 gradini nelle viscere del Palatino a una profondità di circa quattordici metri. Eccola l’ultima prova archeologica che consente oggi di identificare la “coenatio rotunda” di Nerone, ovvero la leggendaria sala da pranzo rotante della villa sul Palatino dell’imperatore folle e visionario. Non altro che un’ala della Domus Aurea, famosa per l’immensità dei suoi 80 ettari dal Palatino al Colle Oppio (realizzata in tempi record dopo l’incendio del 64 d.C.). La scoperta segna una svolta per questo monumento mitico e misterioso. Si aggiunge ai tanti indizi raccolti dall’archeologa Françoise Villedieu direttrice di ricerca del Cnrf che ha guidato le campagne di scavo sul colle nell’area della cosiddetta Vigna Barberini.

 

Siamo sull’ampia terrazza che forma l’angolo nord-est del colle degli imperatori. È qui che nel 2009 (grazie alla concessione con la Soprintendenza archeologica) la Villedieu calamitò l’attenzione mediatica di tutto il mondo riportando alla luce una porzione dell’eccezionale edificio neroniano a pianta circolare. Ne seguì un animato dibattito tra accademici. Tra chi rinnegava l’attribuzione alla sala rotante di Nerone, e chi plaudeva all’intuizione della Villedieu per aver scavato proprio in quell’area. L’archeologa è andata avanti per fare sempre più chiarezza, raccogliendo finanziamenti per l’impresa (devolvendo persino il fondo del Grand Prix d’archeologie che ha vinto nel 2013). Svetonio, incline ai dettagli esuberanti, descriveva la “coenatio rotunda” come un ambiente favoloso che girava di giorno e notte su se stesso imitando il movimento della terra, per affacciarsi sulla valle del Colosseo, quando ancora non esisteva l’Anfiteatro Flavio e al suo posto c’era il vasto lago delimitato dal portico del vestibolo della Domus Aurea. Non a caso, come evidenzia la Villedieu, la testa del Colosso di Nerone (la statua del dio Sole col volto di Nerone che spiccava nel vestibolo) doveva trovarsi alla stessa quota della sala rotante.

GLI INDIZI Insomma, un’architettura di una potenza poco comune. «Sono talmente tanti gli indizi che ormai siamo certi che si tratti della coenatio rotunda», insiste la studiosa. Altro che cold case, dunque. Le nuove prove sono emerse nell’ultimo scavo avviato nel 2014, e illustrate nel convegno “Il Palatino tra Tiberio e Massenzio” organizzato dalla Soprintendenza archeologica di Roma, dall'Ecole Française e dall’Istituto Germanico. L’architettura è un virtuosismo di muri, archi e raggi sul leitmotiv della forma circolare. La pianta è complessa: «L’edificio è costituito da 3 elementi concentrici - ricorda la Villedieu - un pilone centrale del diametro di quasi 4 metri, circoscritto da due muri anulari. Il più esterno raggiunge i 22 metri di diametro per circa 26,80 metri di circonferenza. Il più interno disegna un diametro di 16 metri». Non finisce qui: «Il pilone centrale e il primo muro anulare sono collegati da 8 archi a tutto sesto disposti su due livelli. Uno alla sommità, proprio sotto il pavimento ligneo rotante, l’altro 6 metri più in basso». La campagna di scavo è riuscita a scendere fino a questo livello, dove il pilone ha regalato la sorpresa: «È venuta alla luce una porta che dà accesso ad una scala a chiocciola - dice la Villedieu - organizzata intorno ad un asse centrale di quasi 90 centimetri di diametro, mentre la scala misura 75 centimetri di larghezza. I gradini sono fatti di mattoni così come i piedritti, accuratamente levigati per seguire le curvature del muri».

L’ESPLORAZIONE L’esplorazione della scala («la prima a chiocciola in mattoni nota») ha permesso di raggiungere il pianerottolo inferiore e di stabilire l’altezza complessiva dell’edificio.
Correggendo le prime ipotesi. «La struttura a torre della coenatio rotunda è alta venti metri». Era una scala di servizio, solo per addetti alla manutenzione. Nerone e i suoi ospiti accedevano alla sala da un’altra ala comunicante del palazzo. Ma a convincere l’archeologa francese dell’identità dell’edificio sono anche i numerosi frammenti di barre di ferro fissati nell’opera cementizia: «Pensiamo formassero un quadro nel quale erano fissati gli ingranaggi di un meccanismo azionato dalla forza dell’acqua». Un sistema di ruote che innescava un movimento lento e regolare del pavimento in legno. I nuovi dati modificano la percezione dell’aspetto globale della “coenatio rotunda”. L’ipotesi che più convince la Villedieu è che «i due muri anulari servissero di supporto l’uno ad un muro nel quale si aprivano ampie finestre, l’altro a un colonnato». Una cupola poggiata su colonne, offriva una galleria a loggiato. L’edificio seguirà la stessa sorte della Domus Aurea, distrutta nel 68 d.C. con la morte di Nerone sotto la scure della damnatio memoriae. «Dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione: oggi sembra un monumento sotterraneo, ma all’epoca appariva come una torre svettante che godeva una vista a 360 gradi su tutta Roma».
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