Etruschi, rossi segreti: trovato il più antico tessuto porpora in Italia

Etruschi, rossi segreti: trovato il più antico tessuto porpora in Italia
di Laura Larcan
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Domenica 14 Febbraio 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 19:20
Ma quanto erano à la page gli Etruschi? Che questa ultra-millenaria civiltà italica avesse un gusto sopraffino per la moda lo raccontava già Tito Livio. Lo storico ne esaltava lusso e cultura. E puntualizzava che l’estro di ornarsi con abiti color porpora fu un vezzo che sedusse proprio i romani. Non altro che una moda lanciata dai Re Tarquini. Eppure il lato fashion degli Etruschi era noto solo dalle fonti storiche e dalle pitture. Abiti, tessuti e virtuosismi sartoriali, fino ai colori e ai giochi di sfumature erano intuibili solo attraverso i cicli pittorici, come quelli che rendono uniche le necropoli di Tarquinia e Cerveteri (patrimonio Unesco). Ora ci sono le prove. Perché proprio Tarquinia ha svelato la più antica attestazione di tessuto porpora d’Italia. Una trama di lana tinta con la speciale porpora prodotta da murice (mollusco marino) è riemersa intatta dalla cosiddetta “Tomba principesca dell'Aryballos sospeso” datata alla fine del VII secolo a.C. nella necropoli della Doganaccia.
 
«È un reperto eccezionale, è l’esemplare più antico di tessuto con porpora di murice mai rinvenuto in Italia e in tutto il Mediterraneo», racconta Romina Laurito, alla guida del progetto europeo TexSet nato dalla collaborazione della Soprintendenza archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale con il Centre for Textile Reseach dell'Università di Copenhagen e con l’Università di Cambridge. Una scoperta che svela oggi la leggendaria porpora etrusca.

IL VERO COLORE
«Non dobbiamo immaginare il nostro colore rosso porpora, piuttosto un violaceo anche con qualche sfumatura di blu», racconta la studiosa. Ma come si è potuto conservare per 2600 anni un frammento di lana porpora? Una storia nella storia. Era custodito all’interno di una “pisside”, ossia un piccolo cofanetto di forma cilindrica in bronzo, lavorato a sbalzo, ancora sigillato. Una chiusura ermetica che l’ha lasciato intatto fino a noi. Qui bisogna fare un passo indietro. Quando venne scoperta nel settembre del 2013, la “Tomba dell'Aryballos sospeso” (cosiddetta dal balsamario di ceramica appeso ad un chiodino alla parete di fondo del tumulo) calamitò l’attenzione mediatica di tutto il mondo perché inviolata. Preservata così come l’avevano lasciata gli Etruschi 2600 anni fa.

Un successo della campagna di scavo condotta dall’etruscologo Alessandro Mandolesi dall'Università di Torino, sotto il coordinamento della Soprintendenza guidata da Alfonsina Russo Tagliente. E nello straordinario corredo funerario, spiccava la “pisside” sigillata, legato alla sepoltura (a inumazione) di una donna di 50 anni, oggi ribattezzata “la principessa ricamatrice”. Ebbene, la “pisside” (alta circa 8 centimetri, con un diametro di dieci e il peso di un etto) è stata riaperta, svelando un “tesoro” inedito di tessuti.

L’ARTE DEL RICAMO
Un autentico “necessaire” dell'arte del cucire, ma non solo. «Finora in Italia, il tessuto con porpora più antico conosciuto era quello di Strozzacapponi in Umbria datato al II-I sec. a.C., mentre in Grecia il frammento più antico risale al V sec. a.C.», avverte la Laurito, che ha condotto le indagini insieme a Margarita Gleba. Vero è che in Italia sono documentate lavorazione del murice a Taranto nel II millennio e a Coppa Nevigata nel Bronzo Medio. «Ma non abbiamo tessuti di quest'epoca così antica - precisa Laurito - Altro discorso è da farsi invece per il Vicino Oriente dove frammenti di tessuto con porpora sono stati ritrovati ad esempio a Qatna in Siria in una tomba principesca del II millennio a.C.».

L’origine della porpora di Tarquinia? «Al momento attuale non siamo in grado di stabilire la provenienza del tessuto e neppure della porpora. Possiamo però affermare che la stoffa tinta con porpora è una saia, un tipo di trama molto comune nella penisola italica e poco attestata in Grecia». Dalla pisside sono riemersi almeno altri tre frammenti di lana con trame diverse: alcune frange, un pezzo di tessuto tinto con guado (ora verde, ma blu in antico) e un gomitolo di fili. Una curiosità: tra i tessuti sono stati identificati piccoli insetti, pidocchi o pulci. A completare il corredo, due aghi finissimi in bronzo e uno specillo ripiegato. E persino un molare: apparteneva alla “principessa ricamatrice”. La scoperta della leggendaria porpora etrusca che tanto suggestionò i romani (da ricordare che siamo all’epoca di Tarquinio Prisco, primo re etrusco di Roma), è il risultato di un impegno istituzionale. Lo dice con un pizzico di emozione, Alfonsina Russo Tagliente: «Il territorio dell’Etruria meridionale è diventato in questi ultimi tre anni laboratorio di ricerca nazionale e internazionale, aperto a enti e università su progetti innovativi».
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