Lotta all’evasione, caccia a 15,7 miliardi

Lotta all’evasione, caccia a 15,7 miliardi
di Andrea Bassi
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Domenica 20 Agosto 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 10:45
Le parole sono cambiate. Quella più utilizzata è «compliance». Significa, semplificando, che il principale obiettivo che il Fisco intende darsi, è convincere i contribuenti a pagare spontaneamente il dovuto. Il pugno duro, nelle intenzioni, dovrebbe essere usato solo per chi «volontariamente» cercherà di sottrarsi ai suoi obblighi. È questa la sintesi della nuova convenzione, firmata solo pochi giorni fa, in pieno agosto, dal ministero dell’Economia e l’Agenzia delle Entrate. Il documento, che per la prima volta porta la sigla del neo direttore del Fisco italiano, Ernesto Maria Ruffini, detta con precisione quali sono gli obiettivi che l’Agenzia deve centrare quest’anno e i prossimi due. Obiettivi che, tra le altre cose, se raggiunti permetteranno di premiare i dipendenti del Fisco con un salario accessorio di 82 milioni di euro. 

L’IMPEGNO
L’Agenzia dovrà impegnarsi su tre fronti: i servizi agli utenti, la prevenzione e il contrasto. Gli incassi, al di là delle parole, restano un obiettivo centrale. Dei 3,3 miliardi a disposizione del Fisco per svolgere i propri compiti, ben 1,22 miliardi saranno usati a questo scopo per recuperare nel 2017, si legge, 15,7 miliardi di euro. Di questi, ben 15,2 miliardi saranno recuperati con le azioni di contrasto e soltanto 500 milioni con la prevenzione. La cifra è in apparenza più bassa di quella dello scorso anno, quando dalla lotta all’evasione l’Agenzia aveva dichiarato di aver recuperato 19 miliardi di euro. In quel conto, però, erano stati inseriti anche i 4,1 miliardi della «voluntary disclosure», la sanatoria sui capitali all’estero, che quest’anno Tesoro e Agenzia hanno deciso, giustamente, di tenere fuori dagli obiettivi di gettito. 

Uno dei “target” dati all’Agenzia, che già inizia a far discutere, è il «tasso di positività ai controlli sostanziali». L’asticella è stata portata al 96%. Significa che ogni volta che il Fisco busserà a un contribuente o a un’impresa, lo farà nella quasi certezza di trovare qualcosa che non va. «Questo obiettivo», spiega l’ex vice ministro all’Economia Enrico Zanetti, «va letto insieme ad un altro, quello sul tasso di vittoria in giudizio dell’Agenzia, che è solo del 66%». Le due percentuali, sostiene Zanetti, «andrebbero invertite». La ragione è semplice. «In questo modo», sostiene l’ex vice ministro, «si sta dicendo agli uffici, “guai a te se non trovi qualcosa”, tanto poi in sede di contenzioso ti consento di avere torto una volta su tre e ti dico bravo lo stesso». 

I DUBBI
Un obiettivo “innovativo”, è il «tasso di definizione della maggiore imposta accertata», il cosiddetto Mia, con una percentuale fissata al 50%. Semplificando significa che se il Fisco contesta 100, se poi si accorda con il contribuente e ottiene 50 ha rispettato il target. Per Zanetti, in questo modo, si rischia «il mercato delle vacche». In realtà, all’Agenzia, la considerano una sfida, visto che l’asticella rispetto agli scorsi anni è stata anche alzata. Lo sforzo di tendere la mano ai contribuenti, tuttavia, c’è in molti altri passaggi. Come nel tempo di risposta agli interpelli, dove l’intenzione è rispondere in 80 giorni dai 90 massimi della legge. C’è poi l’impegno sulla riduzione delle attese allo sportello, con i tempi da quando si prende il numero a quando ci si siede davanti al funzionario, tagliati a 26 minuti massimi. O il tasso di utilizzo dei servizi digitali, con l’obiettivo di ottenere che il 75% delle dichiarazioni dei redditi siano presentate nella versione precompilata. «Si tratta», dice Sebastiano Callipo, segretario del sindacato Salfi-Confsal, «di obiettivi particolarmente sfidanti, per questo guardiamo con tattenzione all’azione del neo direttore Ruffini, nei confronti del quale facciamo un atto di fiducia». 
 
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