Impegno del governo: via l’equiparazione tra mafiosi e corrotti

Impegno del governo: via l’equiparazione tra mafiosi e corrotti
di Emilio Pucci
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Mercoledì 20 Settembre 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 16:51
Chi commette reati contro la Pa non sarà equiparato ai mafiosi. Il governo si impegnerà a ritoccare il testo del Codice antimafia che approderà lunedì nell’aula della Camera senza modifiche. Non sono state messe ancora a punto le modalità della correzione di marcia: l’intervento verrà portato avanti con un decreto o in qualche provvedimento che andrà in discussione da qui alla fine della legislatura, magari con un emendamento alla legge di stabilità.

LE TAPPE
Il Pd garantirà il sì al Codice affinché non torni al Senato ma allo stesso tempo impegnerà con un ordine del giorno l’esecutivo ad agire in questa direzione. Del resto fu lo stesso Renzi a chiedere cambiamenti quando a luglio arrivò il via libera di palazzo Madama. I dubbi di una parte dell’opposizione – soprattutto di FI -, del mondo imprenditoriale e perfino dell’Anac sono stati valutati a lungo dalla maggioranza e dal governo. E’ passata la linea che stravolgere il testo ora avrebbe allontanato il traguardo. E dunque oggi ci sarà il voto sugli emendamenti in commissione Giustizia e domani verrà dato il mandato al relatore. Ma i nodi più spinosi verranno sciolti in tempi stretti direttamente dal Guardasigilli Orlando.

Nel Pd permangono le perplessità sull’estensione delle norme previste per i mafiosi anche a chi risulta indiziato di reati contro la pubblica amministrazione. Con il nuovo Codice, così come uscirà dalla Camera, chi finisce nel mirino della giustizia per corruzione, concussione, terrorismo e stalking rischierà di vedersi sequestrare preventivamente i propri beni patrimoniali. Una misura giudicata inappropriata dallo stesso Cantone. Estendere le norme previste per i mafiosi anche a chi risulta indiziato di reati contro la Pubblica amministrazione, compreso il peculato semplice, è controproducente, il parere più volte espresso dal presidente dell’Autorità nazionale per l’Anticorruzione, per il quale è sbagliato anche porre un argine – cosi’ come fatto dal Senato - all’uso indiscriminato dei sequestri e delle confische, condizionandoli alla presenza di un’ipotesi indiziaria di associazione per delinquere. L’esecutivo quindi accoglierà ogni suo rilievo.

Il pressing per modificare alcune norme del Codice è in corso da tempo: oggi Confindustria avrà contatti con il Pd ma in queste ore il governo si è mosso per fornire garanzie a chi, anche tra i dem, cerca un punto di sintesi. Ecco il motivo per cui Cantone ha fatto sapere di essere d’accordo per il sì del Parlamento, per non disperdere il lavoro fatto. Il Pd, Ap e Mdp non hanno presentato alcun emendamento. FI è sulle barricate (la battaglia è portata avanti da Costa e Sisto), M5s avrebbe voluto norme più stringenti ma spinge per il sì. Ieri il relatore ha accettato 51 emendamenti, dichiarando inammissibili quelle proposte che andavano a toccare quelle parti già approvate da Senato e Camera. Il provvedimento è all’ultimo passaggio. «Si tratta di un traguardo fondamentale, per rendere più incisivo il contrasto alle mafie», sottolinea il capogruppo dem in Commissione Verini. 
 
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