Referendum, a Milano i seggi restano semivuoti tra tablet impallati e anziani confusi

Referendum, a Milano i seggi restano semivuoti tra tablet impallati e anziani confusi
di Mario Ajello
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Lunedì 23 Ottobre 2017, 00:14 - Ultimo aggiornamento: 08:36
dal nostro inviato
MILANO Da dietro le tendine dei seggi elettorali, escono continuamente grida così: «Aiuto!». Dentro c’è l’anziano, visto che pochi giovani vanno a votare al referendum vintage del leghismo, che non riesce a maneggiare la “voting machine”. E si appella, la pantera grigia lumbard, al buon cuore degli addetti al voto: «Salvatemi voi». Così ovunque. A Milano e nel resto della Lombardia. E sarà un caso, o forse è la maledizione di Salvini che questo referendum non lo ama, ma proprio nella sezione elettorale del leader leghista - la 1593 della scuola elementare De Marchi, in zona Bande Nere, vicino a San Siro - si registra una serie di problemi. Su tre tablet, uno non funziona. Vengono chiamati i tecnici. Ma non si trovano i tecnici della società venezuelana (i padanisti ricorrono ai sudamericani pur gridando agli stranieri: «foeura di ball») che ha vinto l’appalto per la prima votazione elettronica della storia italiana. Dovevano essere 3.300 i maghi tecnologici, uno per ogni scuola, e magari lo saranno. Ma adesso dove sono andati a finire? Sonnecchiano all’ombra di una delle palmette piantate a Piazza del Duomo? Dopo quasi un’ora arriva il tablet sostitutivo, ma i tempi per risolvere gli inconvenienti altrove sono stati anche più lunghi. 

GIACCA PADANISTA
E comunque: «Anche con due soli pad possiamo svolgere le operazioni elettorali», dice il presidente del seggio, Sergio Ripa: «Tanto, stanno votando in pochi». Però arriva Salvini, con giacca a vento verde ma se la toglie subito: per evitare di essere considerato un padanista. E arrivano, qui alla De Marchi, al liceo Parini e ovunque, anziani affezionati al leghismo ma poco pratici di tecnologia. I presidenti di seggio devono trasformarsi al volo in assistenti sociali o in psicologi. «Signora anzitutto stia calma», dice il presidente Ripa nella scuola di Bande Nere: «E poi tocchi con una certa decisione la casella del Sì o del No o della Scheda Bianca». «Ma mio figlio - protesta la signora Giuseppina Guatri, 78 anni - che mi ha detto che devo accarezzare leggermente con il dito questo aggeggio. Ha ragione lui o ha ragione lei? Io comunque tocco e qui non succede niente!». Il presidente chiama gli scrutatori e si improvvisa una terapia di gruppo. Sono in sette fuori dalla tendina: «Allora, signora, ricominciamo da capo tutta la procedura...». E lei: «Ma un tecnico, non c’è un tecnico? Lo faccio entrare e vota lui per me!». «Signora, il tecnico non c’è e il voto è personale. Ora schiacci sulla finestra che sceglie e poi può pure cambiare toccando lo spazio apposito». «Ma se neppure riesco a votare, come faccio a cambiare il voto che non c’è? Sto dietro questa tenda da un quarto d’ora e non succede niente...». Passano altri cinque minuti e alla fine si sente il bip: Giuseppina è riuscita a votare Sì. Si abbandona a un simpatico sorrisone: «La prossima volta, inventatevene una più facile». 

Suor Luisa, nella scuola di Rozzano, a via delle Orchidee, s’impalla impallando il tablet e quasi arriva al punto di sacramentare contro l’apparecchio. Poi la religiosa esce, stremata, dalla tendina, e annuncia che s’è vendicata: «Ho votato No. Si può spezzare l’ostia ma non l’unità nazionale». Siccome i votanti scarseggiano, gli scrutatori o vorrebbero stare in Veneto, dove la gente ai seggi c’è, oppure comunicano via telefonino la propria noia ai colleghi che si trovano nelle stesse condizioni: «Da te come va? Qui, due maroni...». E non stanno parlando di Maroni. È assente anche il brivido delle minacce: nessuna camicia verde ha funestato il voto o si è fatta vedere ai seggi. Non siamo mica in Catalogna! 

Alla scuola Ferrario, a via delle Forze armate, uno scrutatore esce per bere un caffè e narra: «Mi si è addormentata la mano, perché, per quasi due ore, non è entrata anima viva e non ho avuto nessun nome da registrare». I giovani che votano sono pochi, e quei pochi lo fanno con estremo fatalismo: «Per quel che serve...». Gli anziani ci credono di più. E le due Leghe sono visibilissime ai seggi. Quella salviniana, più destrorsa e giovanile, poco sensibile al nordismo, e quella vintage, bossian-maronita. Un esponente della neo-Lega, ironizza uscendo dalla scuola Anselmo da Baggio: «Vota più gente per il Grande Fratello Vip che per l’autonomia». Uno scrutatore ai Navigli spara la battuta facile: «Ci sono più tablet che elettori». Ma alcune tavolette difettano nel sonoro, e se non si sente il bip non vale il voto. I tecnici hanno una chat in cui si segnalano i vari problemi, ma anche questa non sembra utile a velocizzare gli interventi di soccorso. 

Alla scuola Galvani, due passi dalla stazione centrale, vota Sheikh Njie, nerissimo cinquantenne del Gambia, italiano da 20 anni. «Ho votato No contro la Lega. E mi auguro che, stanotte, gli hacker russi si infilino nel sistema e facciano fallire questa buffonata». Hanno votato nella sua stessa scuola Adele, Adriana, Ines e Lucia, avranno tra i 70 e gli 80 anni, e gioiscono: «Pensavamo peggio. Non è stato affatto difficile il voto elettronico». Ma di bip se ne sono sentiti pochi, mentre il flop - almeno dalle parti di Milano - è stato assordante. 
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