Agosto senza cocomero e melone, il grande caldo brucia le colture

Agosto senza cocomero e melone, il grande caldo brucia le colture
di Alessandra Camilletti
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Lunedì 24 Luglio 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 07:55
Fatti due conti, rischia pure l’anguriata di Ferragosto. In questa estate pazza, dalle temperature altissime e con un’assenza di pioggia mai vista, sono saltati anche i naturali ritmi della terra. E le abitudini della tavola. Un caso su tutti, proprio il gusto del cocomero italiano nelle feste di mezza estate. «La siccità ha accelerato la maturazione di frutta e ortaggi: pesche e netterine, ma anche meloni e angurie. Proprio di melone e angurie si rischiano dei buchi nell’offerta nelle prossime settimane. Si sono accavallati i periodi di maturazione e tutto è arrivato insieme. Oggi c’è una quantità di offerta importante e successivamente potrebbe esserci un vuoto. Poi, in un mercato globalizzato, magari arriverà un prodotto dall’estero. Noi possiamo consigliare di fare attenzione all’etichettatura e verificare sempre che il prodotto sia italiano» sottolinea Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti. 

Una situazione insolita, che ha provocato una riduzione dei costi al produttore, ma che non ha trovato una corrispondenza sui prezzi al consumatore, che anzi sono saliti. «I prezzi al consumo sono cresciuti maggiormente nel mese di maggio, in seguito all’ondata di freddo e maltempo che ha colpito la nostra agricoltura a fine aprile» spiega la Cia-Agricoltori italiani. «Gli ultimi dati provvisori sull’inflazione indicano invece una crescita limitata delle quotazioni sia di frutta che di vegetali, tra l’1 e il 2 per cento - aggiunge la Cia -, seppur superiore alla media del periodo del prodotto sulle varie piazze italiane». 

I PRODOTTI
Un divario che però, fanno presente le associazioni degli agricoltori, nulla ha a che spartire con la siccità. Anzi. «Albicocche, pesche e nettarine sono pagate in media 30, 40, 50 centesimi di euro al chilo al produttore, ma sul mercato a meno di 1,50-1,80 euro non si trova niente - spiega Bazzana - Con prezzi così bassi al produttore ci saremmo aspettati un ricarico più basso nel prezzo finale, anche per rilanciare il consumo, considerata l’importanza di frutta e verdura per contrastare caldo e disidratazione. Rilanciamo una filiera più equa e corretta».

Sulla tavola estiva è arrivato tutto nello stesso momento. I prezzi all’origine sono talmente scesi che in alcuni casi i produttori hanno preferito lasciare il prodotto sugli alberi, come per le albicocche. «Qualche problema di questo genere c’è stato anche con i cocomeri, per le offerte sotto costo - riepiloga Bazzana - Bisognerebbe intervenire con norme di legge che vietino il sottocosto con prodotti deperibili. È in diminuzione la produzione di latte, sia bovino sia ovino, perché gli animali sono sotto stress. Tutti temono una riduzione della raccolta delle olive. Ci sono invece buone aspettative per le vigne: il caldo porterà un aumento della qualità del prodotto, che dovrebbe essere più sano. Dalla vendemmia forse non arriveranno grandi quantità, ma sicuramente qualità e questo è importante». 
Ci sono timori anche per la raccolta delle nocciole. In diminuzione le rese di grano e orzo. In difficoltà anche le produzioni di foraggi, girasole, olio e miele. 

LA STIMA
Da nord a sud, la siccità non guarda in faccia a nessuno. «Sono stati colpiti i due terzi delle superfici agricole - sottolinea la Cia - Territori dove si realizzano le produzioni stagionali, in primis ortofrutta ma anche cereali, foraggere. Sono state colpite anche le altre colture, tra cui vite e olivo. In questo caso i danni riguardano l’attuale fase vegetativa e, in prospettiva, potrebbero tradursi in una contrazione dei volumi produttivi». 

La mancanza di pioggia - o di troppa acqua quando sul territorio si abbattono alluvioni - è senza dubbio un problema, cui però si aggiungono le bizzarrie del meteo, i terremoti e gli incendi. Calamità in serie. Messo tutto insieme, «dall’inizio dell’anno, e fino al mese di giugno - calcola la Cia -, stimavamo perdite superiori ai 2 miliardi di euro, indotto escluso, a cui si aggiungeranno quelli provocati dagli incendi degli ultimi giorni». Per fare un bilancio si attende l’evolversi della situazione e almeno la fine di questo periodo terribile. Ma ad oggi, guardando al secondo semestre e verso la fine dell’anno, il settore «pagherà un conto vicino ai 7 miliardi di euro tra danni alle produzioni, perdite strumentali, mancata commercializzazione e indotto».
 
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