Iglesias crolla a un passo dal traguardo, sul voto spagnolo non c’è l’effetto Brexit

Iglesias crolla a un passo dal traguardo, sul voto spagnolo non c’è l’effetto Brexit
di Mario Ajello
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Lunedì 27 Giugno 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 08:21
No Podemos. Perdemos. Non il sorpasso. La disfatta. Lo choc da sconfitta a sorpresa. Non doveva stravincere, o almeno rottamare nelle urne il vecchio e acciaccato Psoe, il partito di Pablo Iglesias sempre lanciatissimo nei sondaggi e sempre battuto nella conta reale dei numeri? Siamo al bis del flop. Così fu nel voto di dicembre, e così di nuovo adesso. E pensare che il colpaccio era pronto. E che la spinta della Brexit, insieme al vento anti-sistema che impazza in molte parti dell’Europa, avrebbe dovuto notevolmente aiutare Podemos.

Ma così non è stato. Forse anche a causa della strategia confusa messa in campo dal partito di Iglesias negli ultimi mesi. È stata quella di normalizzarsi. Di moderare i toni - «Le critiche di Renzi all’Europa sono più dure delle nostre», ha detto l’altro giorno Pablo Bustinduy, responsabile esteri di Podemos - e di cercare di rassicurare quell’elettorato classico vicino ai socialisti per portarlo fuori dal Psoe e al fianco di un ex movimento che fattosi partito si è proposto anche cosi: «Se ci chiamano socialdemocratici, noi non ci offendiamo».

Gli elettori si sono offesi di fronte a questa manovra governista evidentemente. O comunque non si sono fidati. E sono restati nella malmessa casa d’origine, ossia dal socialista Sanchez che veniva ingiustamente dato per spacciato.

 

«Siamo un movimento apertamente europeista, che vuole cambiare l’Europa, e non un movimento populista», questo è stato il mantra. Che è risultato fuori sincrono in questa fase. In cui l’originale socialista è finito per risultare più credibile del tentativo di copia posticcia. In una nazione che per altro è risultata, alla luce dei dati elettorali, in controtendenza rispetto al vento da euro-exit che impazza in Inghilterra e altrove.

Sembrava che la strategia della normalità inaugurata da Podemos negli ultimi mesi dovesse andare a segno senza grandi complicazioni. Se non fosse che il richiamo alla stabilità in un momento di burrasca europea, da parte del popolare Rajoy, unito alla prova d’orgoglio dei socialisti da tutti dati per spacciati ha capovolto i pronostici e liquidato brutalmente l’idea che da oggi la Spagna sarebbe stata sotto il segno del codino di Pablo.

PABLO E’ VIVO
Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo, come nella canzone di Francesco De Gregori? Non è vivo affatto, dopo questo colpo sembra invece politicamente messo malissimo. E il nuovismo finisce prima di cominciare. Appuntamento al prossimo giro, se ci sarà? Sono sconcertati, sconvolti e disperati i podemisti in queste ore. Per vincere e governare avevano trasformato se stessi. Non più gli indignados scamiciati delle rivolte della Puerta del Sol a Madrid, ma politici veri e propri sia pure meno istituzionali degli altri. Podemos cambiar, dicevano senza dirlo troppo forte. Ossia hanno provato a trasformarsi in una forza meno radicaloide e più classica. 

Il codino di Pablo è rimasto ma con l’aggiunta della camicia bianca new labour al posto delle camicie da fricchettone e perfino con l’arrivo della cravatta in qualche apparizione tivù. Dal globalismo un po’ Manu Chao e dalla retorica da reddito di cittadinanza, qui assimilabile al grillismo ma di grillesco ha niente il podemismo (se non magari la forza nei sondaggi spesso non confermata nel numero dei voti alle politiche), s’è passati a un gioco di sostituzione, per cui «ormai ci sentiamo parte di una sana democrazia». Così doveva scattare lo storico sorpasso. Che invece non c’è stato. 

Iglesias faceva capire di poter essere, una volta al potere, un po’ Tsipras nella scoperta del realismo e nel tentativo di emancipazione dal massimalismo (con il premier greco il leader spagnolo condivide il mito di Enrico Berlinguer) e un po’ Renzi perché come Renzi non prometteva di essere contro l’Europa ma contro il rigorismo merkeliano. Quanto al paragone con i grillini, per chi è appassionato dell’argomento, si potrebbe dire che i 5Stelle dovrebbero incrociare le dita. In quanto Podemos alle amministrative ha stravinto, conquistando con le sue sindache sia Madrid sia Barcellona (ossia due capitali) facendo anche meglio dei pentastellati nostrani ma ora alle politiche è andata come è andata. E ancora, continuando nel paragone. La mezza svolta moderata di Pablo non lo ha premiato e bisognerà vedere se la mezza svolta moderata e pasticciata (per esempio sull’Europa) dei grillini gioverà a Di Maio. Per esempio il reddito di cittadinanza - la renta basica universal, come la chiamano gli spagnoli - è quasi sparito dalla predicazione di quel partito. Anche sul referendum della Catalogna c’è stata una mezza ritirata. Ma adesso, è cambiato tutto. E non resta che leccarsi le ferite. 
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