Giappone alle urne, Abe si gioca tutto

Giappone alle urne, Abe si gioca tutto
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Sabato 13 Dicembre 2014, 06:18
LE ELEZIONI
Recarsi alle urne senza sapere perché. Secondo un sondaggio effettuato tre settimane fa sarebbero oltre il 60% i giapponesi che domani andranno ai seggi in uno stato di incoscienza per rinnovare la Camera bassa, il ramo decisivo del Parlamento nipponico, sciolto anticipatamente nel novembre scorso. Una stranezza alla quale se ne somma un'altra: la vittoria del premier uscente, il conservatore del Partito liberaldemocratico Shinzo Abe, è scontata nonostante il voto anticipato costituisca una sorta di referendum sulla sua politica economica - la Abenomics - che ha trascinato il Giappone in recessione. I sondaggisti prevedono che al termine del conteggio delle schede, il Giappone archivierà il dato di astensione più alto del Dopoguerra. E prevedono anche che il partito di Abe dovrebbe conquistare tra i 300 e i 310 seggi - in totale sono 475 - conquistando cioè quella maggioranza necessaria per realizzare senza ostacoli anche riforme costituzionali. Tra queste, con particolare attenzione, sia dentro che fuori i confini giapponesi, c'è la revisione dell'articolo 9, quello che sancisce la rinuncia di Tokyo al diritto alla guerra.
L'ECONOMIA
Ma in primo piano c'è senz'ombra di dubbio l'economia la cui brusca frenata nell'estate scorsa ha provocato pesanti conseguenze sulla vita della classe media giapponese. Dopo aver sconfitto nel 2013 il lunghissimo periodo di deflazione, le misure ultraespansive portate avanti da Abe, con una massa di denaro messa in circolazione dalla Banca centrale che ha acquistato valanghe di titoli di Stato, hanno subìto un durissimo colpo nella scorsa primavera quando il governo ha messo mano a un rialzo dell'Iva, dal 5 all'8% - e nel 2017 dovrebbe salire fino al 10% - che ha provocato un crollo dei consumi. Un crollo verticale dovuto anche al fatto che l'annunciato rialzo dell'Iva aveva provocato una frenetica corsa agli acquisti e un'impennata del prodotto interno lordo chiaramente “drogata”. Insomma, l'esperimento economico iperespansivo non ha funzionato come si prevedeva e adesso Abe si trova nella necessità di rivedere la sua strategia su cui grava un debito pubblico da 8mila miliardi di dollari.
Nonostante il grande punto interrogativo che incombe a questo punto sulla “Abenomics”, i giapponesi sembrano intenzionati a dare ancora fiducia al premier uscente che cavalcando le difficoltà economiche si prepara a far ripartire la produzione di energia nucleare, messa da parte dopo la tragedia di Fukushima. Nell'aprile scorso l'esecutivo giapponese ha infatti approvato il principale documento per la politica energetica del Paese. Si è trattato della prima vera revisione su questo tema fatta dal governo dopo i danni provocati dal terremoto e dallo tsunami del marzo 2011: in esso viene restituito un ruolo centrale all'atomo tra le fonti energetiche nel Paese.
FORZE ARMATE
Così come sarà restituito un ruolo più attivo alle forze armate, relegate in un “labirinto” pacifista dalla Costituzione varata all'indomani della Seconda Guerra mondiale. Dopo aver abrogato nel luglio scorso il divieto di esportazione di armi e componenti a uso militare, aver creato un Consiglio nazionale di sicurezza e messo in cantiere la riforma dell'articolo 9 per consentire al Giappone di contribuire alla autodifesa collettiva, Abe ha tutte le intenzioni di proseguire sulla strada del rafforzamento dell'apparato difensivo nazionale. Un messaggio forte per i “disturbatori” regionali, Cina e Corea del Nord. Al quale Pyongyang non ha replicato mentre Pechino sì: al vertice Apec del novembre scorso, dopo la stretta di mano con Abe, il premier cinese Xi puntualizzò: «La Cina spera che il Giappone segua la via dello sviluppo pacifico e adotti politiche prudenti in campo militare e di sicurezza». Non l'ideale per chi prova a migliorare le relazioni diplomatiche e commerciali.
Roberto Romagnoli
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