Rebellin, l'autista pirata: «Non sono scappato». E ora può farla franca: l'uomo non sarà estradato

Il fratello del camionista: "Si era fermato ed era sicuro di non aver colpito il ciclista"

Rebellin, l'autista pirata: «Non sono scappato». E ora può farla franca: l'uomo non sarà estradato
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 5 Maggio 2023, 07:07

Il camionista tedesco accusato di avere investito e ucciso Davide Rebellin per poi fuggire in Germania fa sapere, tramite il fratello: «Non mi sono accorto di nulla, tanto è vero che mi sono fermato a lungo per capire cosa fosse successo. Sono addolorato». Ma rifiuta di tornare in Italia per farsi processare. E questo si sta trasformando in una beffa crudele per la famiglia del campione: sarà processato in contumacia, ma per un cavillo giudiziario non sarà comunque estradato dal suo Paese.

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DINAMICA

Il 30 novembre scorso il campione di ciclismo Davide Rebellin, 51 anni, viene scaraventato a terra da un camion all'altezza di una rotonda che porta nel parcheggio di un ristorante.

Le telecamere di sorveglianza, raccontano i gestori del locale La Padana, a Montebello Vicentino, mostrano l'autista del mezzo pesante che si ferma qualche secondo dopo avere urtato il ciclista. Gira all'interno del parcheggio, torna indietro, guarda di nuovo l'uomo a terra. Poi se ne va. Sembra una fuga. Lui si chiama Wolfgang Rieke, ha 62 anni, ed è tedesco. Rintracciato dall'inviato del programma tv le Iene, il fratello di Rieke dice: «Wolfgang non si è accorto di nulla. È entrato nella rotatoria a 25 chilometri orari, lo conferma la telemetria del camion. Quando esce vede la gente che corre. Torna indietro e vede l'incidente, il ciclista ferito. Comunque, se mai l'ha fatto, non voleva colpirlo intenzionalmente. Guidava un veicolo altamente tecnologico che appena si gira segnala la presenza di ciclisti e pedoni, dalla telemetria emerge che mio fratello è rimasto dieci minuti sul luogo dell'incidente perché era convinto di non avere niente a che fare». Perché fuggire? Parlando con l'inviato delle Iene il fratello di Wolfgang Rieke smentisce che si sia trattata di una fuga e solleva dubbi sull'operato delle forze dell'ordine italiane. C'erano le immagini, c'era il numero di targa del camion, c'era tutto il tempo per fermare Rieke.

RITARDI

«Mio fratello ha proseguito il suo lavoro in Italia, non è fuggito in Germania. Si è fermato a dormire a Verona, ha continuato i giri di carichi a Pastrengo e a Bolzano. Ha caricato i bancali di vino. Se gli inquirenti avessero fatto bene il loro lavoro, la questione sarebbe già stata chiarita». E d'altra parte ci sarebbe stato il tempo per bloccare il camion in territorio italiano, visto che oggi Rieke potrà essere processato in contumacia, ma non estradato nel nostro Paese. Come mai? Il reato di omicidio stradale è previsto in Italia, ma non in Germania. Eppure Rieke ha un curriculum che non testimonia a suo favore: nel 2001 al tribunale di Foggia scelse il patteggiamento perché era processato per fuga da un luogo dell'incidente senza prestare soccorso; nel 2004 a Chieti gli era stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza. Rieke ripete (sono le parole riportate dal fratello, che è anche il titolare dell'azienda di trasporti per cui lavora): «Se fossi stato io, vivrei nel rimorso. Ma io sono rimasto lì, ero sicuro di non avere niente a che fare con l'incidente».
I familiari di Davide Rebellin - professionista tra il 1992 e il 2022, vincitore della Liegi-Bastogne-Liegi, dell'Amstel Gold Race e di tre edizioni della Freccia Vallone - non credono però alla sincerità del dolore del camionista tedesco. Spiega durante la trasmissione Carlo Rebellin, fratello di Davide: «Gli incidenti possono capitare, ma non puoi non aiutare chi investi. Mio fratello è stato trattato come un oggetto. Nessuno ha nemmeno provato a chiederci scusa». Ancora: «Un comportamento del genere non è ancora accettabile, anche se la colpa non fosse sua. Ci sono persone che si fermano quando investono un animale. Lui ha investito Davide e non si è fermato». Chi ha visto le immagini registrate dall'impianto di videosorveglianza durante l'incidente, secretate dalla procura che sta conducendo l'inchiesta, però ribadisce: si è fermato, ha guardato il ciclista a terra e se ne è andato. Non può dire di non essersi accorto di nulla. Durante l'intervista concessa all'inviato delle Iene il fratello del camionista alza un muro di fronte all'ipotesi che Wolfgang Rieke possa apparire di fronte le telecamere: «Non sono d'accordo, questo lo dovete capire. Mio fratello in questo momento è troppo coinvolto psicologicamente. Riferisca alla famiglia di Rebellin che noi soffriamo molto per quello che è successo».

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