Lo sfregiatore adesso è libero in Albania. Due anni prima del tempo. Rubin Talaban, 41 anni, condannato con sentenza definitiva a 12 anni di reclusione per aver lanciato l’acido in faccia a Lucia Annibali non è più in carcere. Ha approfittato di quanto prevede una norma sui reati commessi da stranieri. E a 10 anni di distanza da quel terribile aprile, la sua libertà desta impressione. I fatti risalgono al 2013 quando l’avvocata originaria di Urbino venne sfregiata in volto con un getto di acido, incontrando sul pianerottolo della sua abitazione a Pesaro i due aggressori. Oltre a Talaban c’era anche Altistin Precetaj, condannato anch’egli a 12 anni di carcere, mentre il mandante dell’agguato, l’avvocato Luca Varani, ex fidanzato della Annibali, ha avuto la pena più pesante, 20 anni, anche in Cassazione.
LA SCOPERTA
L’occasione per ricostruire le ultime vicende legate a Talaban è stata un processo che si è svolto ieri mattina in tribunale a Pesaro.
Talaban fu arrestato il primo maggio del 2013 a San Salvo Marina, in provincia di Chieti, dopo quindici giorni di latitanza, con l’accusa di aver aggredito Lucia Annibali. Stava per fuggire verso l’Albania. Secondo gli inquirenti Talaban avrebbe ricevuto 30mila euro da Varani, l’ex fidanzato mosso da un sentimento di vendetta per un amore finito a cui non si rassegnava: 5mila da riscuotere subito e il resto dopo l’aggressione. Durante le indagini, erano state ritrovate tracce di acido con una concentrazione del 40% nell’auto di Rubin Talaban.
I carabinieri cercarono residui anche nelle scarpe dell’autore materiale del getto dell’acido, che erano state sotterrate. Dopo la condanna a 14 anni in primo grado, la pena fu ridotta a 12 in appello. Quanto al processo in corso, secondo l’accusa, nel 2013 si sarebbe liberato di un borsello durante un controllo delle forze dell’ordine. All’interno c’erano 9mila euro in contanti. Per l’accusa una somma con cui avrebbe dovuto acquistare droga (in auto con lui un altro personaggio noto per trascorsi con gli stupefacenti). Lui, difeso dall’avvocato Andrea Paponi, negò l’addebito. All’epoca era clandestino e avrebbe ricevuto la somma dal datore di lavoro per potersi sposare in Albania. Il legale contesta il fatto che la droga non sarebbe mai stata trovata, né intercettazioni che lo legassero al presunto scambio.