Draghi, che probabilità ha davvero l'ex premier di arrivare ai vertici dell'Ue?

Per succedere a von der Leyen, l'ex presidente della Bce ha alcuni assi nella manica. Ma anche scogli da aggirare (non è iscritto ad alcun partito)

Mario Draghi
di Andrea Bulleri
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Giovedì 18 Aprile 2024, 12:25

"Supermario" al vertice della prossima Commissione europea. L'ipotesi rimbaza nel dibattito politico italiano ormai da settimane: se Ursula von der Leyen dovesse fallire nel tentativo di strappare un bis, alla guida dell'esecutivo Ue potrebbe succederle Mario Draghi? Raccontano che lui, l'ex premier, in alcuni colloqui privati con amici e collaboratori si sarebbe già tirato fuori da questa prospettiva: «Non sono interessato». Eppure l'idea continua a circolare. L'ultimo a parlarne, sollecitato dai cronisti, è stato il presidente francese Emmanuel Macron. Draghi, ha detto, è «un amico formidabile. Una persona che ha lavorato molto per l'Italia, è stato un grande presidente del Consiglio». Ma sulla possibilità che l'ex banchiere centrale salga davvero ai vertici dell'Ue dopo il voto di giugno, Macron non si è sbilanciato: «Non si fa politica così: le nomine si fanno soltanto dopo il voto, bisogna prima convincere i cittadini sui programmi». 

Al di là degli attestati di stima che arrivano (seppur con toni più o meno entusiastici) da destra e sinistra, nessuno mette in dubbio che Draghi avrebbe titoli e curriculum per succedere a von der Leyen.

Governatore della Banca d'Italia, poi presidente della Banca centrale europea, riconosciuto da molti come l'uomo che - col suo "whatever it takes" - ha salvato l'euro dalla crisi dei debiti sovrani e della speculazione internazionale nel 2012. Infine presidente del Consiglio in un governo di unità nazionale. Da ultimo, è stata la stessa von der Leyen ad assegnargli un rapporto su come migliorare la competitività del Vecchio Continente, che verrà svelato a luglio. Motivo per cui, ormai da mesi, è solo di Europa che - anche nelle sue uscite pubbliche, tra cui l'ultimo discorso un paio di giorni fa a La Hulpe - si occupa l'ex premier. 

Lo scoglio

Sul cui possibile futuro in un ruolo chiave in Ue restano però alcune voci scettiche. Quelle di chi fa i conti con la "Realpolitik" europea dei prossimi mesi. Il primo scoglio saranno proprio le urne di giugno. Quelle che, in base ai sondaggi, dovrebbero confermare il Partito popolare europeo come prima forza a Strasburgo. È consuetudine che il capo della Commissione sia un appartenente al partito che ha vinto le elezioni: ecco perché Draghi, non iscritto ad alcun movimento, sarebbe un'eccezione a questa regola. E poi c'è il nodo della maggioranza: riuscirebbe l'ex premier a trovare ampia convergenza in un parlamento che - sempre in base alle previsioni - potrebbe vedere l'avanzata dei conservatori e della destra di Identità e democrazia?

La partita è aperta. E c'è chi fa notare che, qualora von der Leyen dovesse mancare la rielezione, le chances dell'ex banchiere potrebbero aumentare di colpo. Del resto tra i suoi sponsor c'è lo stesso Macron. E anche Giorgia Meloni, che fin dalla staffetta a Palazzo Chigi ha sempre mantenuto con Draghi contatti frequenti e un rapporto di stima reciproca, certo non si opporrebbe alla possibilità di avere un italiano alla guida del governo europeo. Per quanto in un anno e mezzo la premier abbia maturato un solido rapporto con von der Leyen, il che ne fa una sua sostenitrice naturale. 

Le posizioni dei partiti

In Italia nel frattempo il dibattito continua. Con accenti diversi sia all'interno del centrosinistra che del centrodestra. Se il Movimento 5 stelle resta freddo sull'ex premier (e non è un caso: fu proprio Conte a staccare la spina al governo Draghi), il Pd sembra spaccato: da una parte Elly Schlein, che riconosce l'autorevolezza di Draghi ma insiste: il candidato dei socialisti è Nicolas Schmit. Dall'altra esponenti come Paolo Gentiloni e Roberto Gualtieri, che invece caldeggiano apertamente un passo in avanti di Supermario. Per Forza Italia, Antonio Tajani non mette in dubbio le carte di Draghi. Ma sottolinea: «Il presidente della Commissione dovrà essere un esponente del Ppe».

E se da un lato Matteo Renzi e Carlo Calenda riconoscono nell'ex presidente della Bce il candidato ideale per il dopo-Ursula, dall'altro c'è Matteo Salvini. Che nel suo ultimo libro, "Controcorrente", non lesina critiche al metodo di Draghi premier, ad esempio sulla mancata condivisione di alcuni passaggi come la scelta dei ministri, «alcuni - scrive Salvini - sconcertanti». 

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