Alcide De Gasperi si portava dietro la figlia Maria Romana, da segretaria, e insieme dividevano l’indennità da premier, «per due stipendi non c’è posto». Silvio Berlusconi a casa aveva occhi solo per mamma Rosa. E le organizzava feste di compleanno pantagrueliche, con torte che sfioravano il soffitto. E che discreta passione, quella fra Mario Draghi e sua moglie Serenella. Sempre accanto, al suo seguito, «ma senza di lei quante fesserie avrei fatto». La politica, a volte, è anche un affare di famiglia. Ministri e ministre, premier e capi di Stato, onorevoli di ogni colore condividono una sola, vera estrazione. Sono mamme, papà, fratelli, sorelle. Figlie e figli premurosi, ossessivi, o gelidi come un iceberg. La famiglia è croce, quando la parentela porta guai, scandali, imbarazzi. Ma è anche delizia. Può riparare dalla bufera, ridare forza. Prendi Giorgia Meloni, madre e italiana, leader di Fdi e premier-in-pectore del centrodestra. Una foto su Facebook, condivisa giovedì, per scrollarsi di dosso un peso. Abbraccia mamma Anna, 70 anni, «soffre di obesità da quando era giovane», racconta. Altro che devianza, si difende, «potrei mai pensarlo?». Tra migliaia di commenti, si fa spazio Antonio Tajani, numero due di Forza Italia: «Cara Giorgia, tua mamma è bellissima. Un abbraccio».
UN VECCHIO TABÙ
Politica e famiglia, senza veli. Fino all’altro ieri era un tabù. Riavvolgi il nastro, scorri i filmati in bianco e nero dell’Istituto Luce, con la vocina metallica in sottofondo. E scopri che raramente mogli, madri, figli e cugini di illustri primorepubblicani, da una parte e l’altra dell’emiciclo, facevano capolino dall’uscio di casa. Qualche volta la famiglia entrava in politica, sì, e quasi sempre faceva scalpore. Perfino a Palmiro Togliatti, papà nobile dei comunisti italiani, i compagni di partito non perdonarono facilmente il tradimento della moglie per Nilde Iotti, che pure lui volle al suo fianco, in privato e in pubblico. A scostare la tenda di casa ci provò Achille Occhetto trent’anni dopo, era il 1988, e non finì molto meglio. Un bacio con la moglie Aureliana Alberici, in copertina su Venerdì di Repubblica, da quella Capalbio poi diventata meta prescelta della politica ztl. Un mezzo per il fine: dimostrare che la modernità aveva bussato al portone di Botteghe Oscure. Fu scandalo: per tenere buona la base il Pci finì per organizzare mini-referendum con i militanti alle feste dell’Unità, che infine «assolsero» il segretario. Erano altri tempi. Amori e passioni restavano discrete, fra le mura di casa, come quella che ha unito Giulio Andreotti alla moglie Livia, fino alla fine. Il Divo non amava mischiare i piani e lo diceva. Eppure apprezzò e trovò «geniale», confidò ai suoi, la trovata di Berlusconi, quando il Cav caricò mamma Rosa sulla nave Azzurra, in una crociera elettorale che nel 2000 fece tappa sulle coste italiane. Lei, accolta a bordo tra inni festanti, ricambiò con un’esclamazione in dialetto: «Silvio l’è proprio un bravo fieou, e chi non lo capisce, l’è proprio un ignorante». Fu il patron di Forza Italia, dopotutto, uno dei primi ad aprire le porte di casa agli italiani. Indimenticabili le foto a Villa Belvedere di sua moglie Veronica Lario insieme ai figli, circondata da caprette.
L’ERA SOCIAL
Alla prima schiera appartiene Matteo Salvini, leader on-life, il primo a cogliere il potenziale dell’arena social 2.0: Instagram, soprattutto, adesso anche Tiktok.
La lista è lunga, il partito della famiglia, questo sì, è trasversale. Si è iscritto a suo tempo anche Nichi Vendola, ex governatore della Puglia, quando scelse di condividere in pubblico la nascita surrogata del figlio Tobia insieme al marito canadese Edwar. Vivere in serenità amori, affetti e politica al tempo stesso non è da tutti. C’è chi preferisce la discrezione. Come Michela Di Biase, moglie di un pezzo da 90 del Pd come Dario Franceschini che però difende una storia e una militanza personale. Discreta è anche la parentela che lega il segretario del Pd Enrico Letta a suo zio Gianni, ex Dc e colonna dell’epopea berlusconiana. Altri hanno rivendicato il cognome e il blasone di famiglia, con alterne fortune. Come Renzo Bossi, figlio di Umberto che lo ribattezzò «Trota», protagonista di una vicenda politica più modesta, per così dire, del Senatur che ha iniziato l’epopea di Alberto da Giussano.