Il voto sardo non è un voto politico, certo, eppure sarebbe un errore considerare una tornata elettorale regionale alla stregua di una mera elezione locale. Non è così, e basta guardare le scorse regionali proprio in Sardegna per averne conferma. Nel 2019 il candidato del centrosinistra, l'ex sindaco di Cagliari Massimo Zedda era unanimemente considerato più forte del suo poco conosciuto avversario, il candidato del centrodestra Solinas. Eppure, Zedda perse di ben 15 punti la partita per la presidenza della Regione. Non è stato, quindi, un semplice test locale. Lo confermano, in modo evidente, anche la rilevanza mediatica che è stata data ai risultati e le reazioni politiche di entrambi i politici.
I NUMERI
Partiamo dai numeri. La debolezza di Truzzu non è in discussione: le liste a suo sostegno ottengono ben 5000 voti in più di quelli al candidato Presidente, mentre Todde ne prende circa 41mila in più della sua coalizione.
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LE PRIME VOLTE
La tornata elettorale sarda sarà ricordata anche come un'elezione con diverse "prime volte": la prima volta di una donna presidente in Sardegna, cosa che Todde ha rimarcato con grande orgoglio; la prima volta di un Presidente di Regione per i 5 Stelle, un risultato che Conte senza dubbio rivendicherà; la prima vittoria in un'elezione regionale per l'alleanza Pd-5 Stelle, dopo tante sconfitte (ben sei, alcune anche rovinose). Questa vittoria restituisce forza e linfa all'asse giallorosso, finora mai troppo premiato dai risultati elettorali, e allo stesso tempo riduce lo spazio per il Terzo Polo, che conferma di non essere competitivo, in particolar modo in una elezione a turno unico. Altro elemento di novità: è dal 2015 che il centrosinistra non strappava una regione al centrodestra, cioè dal primo trionfo in Campania di De Luca: quasi dieci anni fa, un'altra era, di certo tutta un'altra fase politica, con il renzismo ancora all'apice del potere (e dei consensi).
In questo risultato, in ogni caso, c'è sicuramente la firma di Alessandra Todde: il suo bottino di voti supera quello ottenuto da Zedda cinque anni fa di oltre dodici punti, ed è superiore anche alla somma dei dati di Zedda e Desogus (candidato presidente M5S nel 2019). Negli ultimi giorni prima del voto, Todde ha scelto di chiudere la campagna in solitaria, senza ricorrere ai comizi con i leader di partito. Una scelta ardita, più da candidata sindaco che da candidata governatrice; persino rischiosa, vista la capacità di mobilitazione che Conte e Schlein hanno sulle proprie basi elettorali in una competizione a bassa affluenza come questa. Non è dato sapere se la strategia di Todde le abbia portato consensi o abbia limitato la sua espansione, ma sicuramente ha mostrato una via indipendente quasi "civica" di correre per un incarico regionale. Una strada che sembra piacere all'elettorato di centrosinistra, che anche in questa occasione, come già accaduto nel passato anche recente in altri contesti, sembra apprezzare i candidati che si presentano con un profilo autonomo, non di diretta affiliazione dei partiti.