Siria, Sabra, 17enne uccisa dagli jihadisti perché voleva lasciare l'Isis

Siria, Sabra, 17enne uccisa dagli jihadisti perché voleva lasciare l'Isis
di Federica Macagnone
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Mercoledì 25 Novembre 2015, 17:15 - Ultimo aggiornamento: 11 Dicembre, 18:05

Per mesi si sono rincorse voci e ipotesi sulle loro sorti. L'unica certezza era che Sabra Kesonovic, 17 anni, e Sabina Selimovic, 16, avevano lasciato l'Austria nell'aprile 2014 per unirsi alle fila dello Stato Islamico. Giovani, carine e radicalizzate avevano deciso di abbandonare la loro vita da adolescenti normali per la promessa di una esistenza “libera” nel nome di Allah. Ma le loro aspettative si sono presto infrante contro la brutalità dell'Isis: non le attendeva nessuna vita a cinque stelle, ma una morte sicura.



Secondo la stampa austriaca, Sabra, 17 anni, è stata uccisa da un gruppo di jihadisti mentre tentava di fuggire da Raqqa, capitale dello Stato Islamico in Siria: è stata picchiata a morte perché aveva deciso di tornare a essere un'adolescente normale, non voleva più vivere in quell'incubo costante. Ma non ha nemmeno fatto in tempo a lasciare la città: è stata uccisa brutalmente da quegli uomini per i quali aveva lasciato la sua famiglia. A confermare la morte di Sabra, secondo Krone Zeitung, ci sarebbe la testimonianza di una donna tunisina che ha vissuto con le due adolescenti austriache: lei è riuscita a fuggire, mentre Sabra sarebbe stata fermata e massacrata. Sorte diversa per Sabina che non era sopravvissuta a un combattimento: era morta sotto le armi l'anno scorso, pochi mesi dopo l'arrivo in Siria.



«Non possiamo commentare casi individuali» ha detto un portavoce del ministero degli Esteri, Thomas Schnöll, adoperando la stessa discrezione che c'era stata al momento della morte di Sabina. All'epoca le autorità austriache avevano rifiutato di rivelare il nome della ragazza uccisa, ma il direttore generale della pubblica sicurezza aveva dichiarato che i genitori erano stati informati sulla possibilità che la figlia fosse morta.



La radicalizzazione e la fuga. Entrambe figlie di famiglie di immigrati provenienti dalla Bosnia, Sabina e Samra avevano acquistato un biglietto per Ankara, in Turchia, poi avevano attraversato il confine siriano per affiliarsi ai terroristi. Le due avevano maturato l'idea dopo aver frequentato una moschea a Vienna e aver incontrato il predicatore islamico bosniaco Mirsad O, conosciuto anche con il nome Abu Tejda, sospettato di aver radicalizzato le ragazze: l'uomo ha negato ogni coinvolgimento, ma le autorità austriache lo hanno arrestato l'anno scorso con l'accusa di far parte di una rete che finanziava il terrorismo.



Fondamentale, inoltre, nel processo di radicalizzazione delle due, sarebbero stati internet e i contatti con alcuni giovani ceceni prima di partire. «Non cercateci. Serviremo Allah e moriremo per lui» avevano scritto in un biglietto lasciato alle famiglie. Dopo, il silenzio. Per qualche tempo, di loro non si è saputo più nulla fino a quando non hanno iniziato a postare foto sui social network vestite con i burqa e a fianco di uomini armati, diventando in poco tempo un simbolo per i jihadisti.



Pochi i contatti con le famiglie durante i mesi passati a fianco dei miliziani: Sabra aveva telefonato alla sorella dicendole di stare bene, ma pochi mesi dopo aveva scritto una lettera in cui si diceva stanca di assistere ogni giorno a violenze. Sabina, contattata da Paris Match, aveva smentito la sua gravidanza e aveva mostrato tutta la sua felicità per essere a fianco ai terroristi: «Qui posso davvero essere libera.

Posso praticare la mia religione. Non ho potuto farlo a Vienna». Poco tempo dopo, David Scharia, esperto del comitato antiterrorismo del Consiglio di sicurezza dell'Onu, avrebbe dato notizia della sua morte: «Abbiamo appena ricevuto informazioni su due adolescenti austriache, di origine bosniache, che avevano lasciato l'Austria: entrambe reclutate dallo Stato islamico, una è stata uccisa in combattimento, l'altra è sparita». Adesso, dietro quella scomparsa che assume i contorni di un omicidio, c'è l'ennesimo orrore targato Isis.