Il 25 aprile delle piazze separate l'ultima furbizia che svuota la festa

Il 25 aprile delle piazze separate l'ultima furbizia che svuota la festa
di Mario Ajello
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Martedì 25 Aprile 2017, 09:27
 Quante polemiche, quante contestazioni, quante piazze divise. Come nelle ultime edizioni, ma questa volta di più, il 25 aprile che nella retorica e nella vulgata è sempre stato (un po' a torto) il giorno simbolico dell'unità degli italiani si trasforma invece nel suo opposto. In uno sfogatoio, poco rispettoso della storia, delle beghe politiche in corso.

LE POSIZIONI
Perfino le tre mozioni dei candidati alle primarie del Pd si dividono su come e dove andare in piazza. Renziani anti-Anpi, e infatti non solo il presidente del partito ma anche Maria Elena Boschi disertano il corteo ufficiale e la sottosegretaria a Palazzo Chigi sarà con la comunità ebraica alla manifestazione di via Balbo che è polemicissima con quella di Porta San Paolo dei partigiani (ma ormai di partigiani non ce ne sono più, sostituiti biologicamente da agit-prop). Mentre Emiliano e Orlando non scaricherebbero mai le celebrazioni ufficiali, anche perché il Pd che deve far pagare all'Anpi l'ostilità manifestata durante il referendum costituzionale del 4 dicembre è quello identificato con Renzi.
E ancora, tra gli esponenti del ceto politico e culturale c'è chi va sia al raduno della comunità ebraica sia a quello della sinistra di sempre. Chi lì ma non qui. Chi qui ma non lì. Chi, come i grillini, né-né, ossia disertano tutto, ma la sindaca Raggi che invece si sdoppia e si rende ubiqua: un salto dai partigiani (e dai filo-palestinesi) e un salto dagli ebrei che stanchi di essere sempre contestati o malmenati in queste occasioni anche stavolta celebrano in proprio tra mille polemiche. E a Milano, il sindaco democrat Sala con quali dei manifestanti condividerà la giornata? Non con l'Anpi, di cui parla come un «elemento di divisione e non di unione». E Berlusconi che prima voleva abolire il 25 aprile e poi lo usò per celebrarsi come padre della patria nel famoso discorso del 2009 a Onna, il paese terremotato d'Abruzzo? Non pervenuto. Ma Brunetta annuncia che lui andrà davanti alla sede di quella che fu la Brigata ebraica a Roma, al tempo della lotta contro i nazifascisti. Mente il presidente laziale Zingaretti sarà a Porta San Paolo con i partigiani e poi alle Fosse Ardeatine, mentre il suo vice Smeriglio sarà sia con l'Anpi sia con i suoi contestatori a via Balbo.

LE DIVISIONI
Queste e tutte le altre divisioni su una data importante del calendario civile italiano, ma diventata ormai oggetto di usura e contaminata dalla ripetitività e dalla stanchezza, potrebbero far pensare che è cosi vivo il ricordo delle vicende della Liberazione e così ancora aperta la guerra delle memorie non conciliate, che è impossibile pacificarsi e ritrovarsi tutti insieme. E invece, il 25 aprile sembra più che altro un alibi per riproporre, su uno scenario che si presume nobile, contrasti e ripicche da politica andante e da spirito settario. Da strapaese e non da Paese che dovrebbe trattare una festività di questo tipo con la serietà che essa merita e con la consapevolezza del dramma trascorso.
Si tende insomma, e non da oggi, a far somigliare il 25 aprile a quelle processioni di paese in cui si litiga per chi porta il carro, su dove passare e davanti a chi bisogna inchinarsi. Si può giocare con il 25 aprile - questa la verità sottaciuta ma evidente - perché c'è la consapevolezza ormai che la festa è svuotata. Che quindi può essere riempita con tutto e perfino con il richiamo ad Hamas o ad Hezbollah o con le battute di Salvini («Non c'è nulla da festeggiare il 25 aprile, quando è in corso in Italia un'altra invasione gravissima, quella degli immigrati»). Il fatto è che si può trattare così questa festa perché si è notevolmente affievolita la forza e il suo richiamo presso gli italiani. Presi da altre urgenze, e non più sensibili alla potenza propagandistica di certa sinistra ideologica, ma soprattutto stanchi di rituali stanchi. E magari vogliosi si smettere di celebrare e di cominciare a capire che cosa è stata la nostra storia. Il che è impossibile, a causa di tutto il chiasso che viene prodotto ogni volta.