Battisti: «Non stavo scappando, volevo solo comprare del vino»

Battisti: «Non stavo scappando, volevo solo comprare del vino»
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Martedì 10 Ottobre 2017, 15:49 - Ultimo aggiornamento: 20:35

«Non scappavo, volevo solo comprare dei vini». La versione di Cesare Battisti sul suo arresto da parte delle autorità brasiliane al confine con la Bolivia arriva dopo una settimana di polemiche. L'ex terrorista del Pac (Proletari armati per il comunismo) ha rilasciato un'intervista alla Tv Tribuna, emitettente carioca, che lo ha raggiunto a Cananéia dove si trova ospite a casa alcuni conoscenti. Battisti ha spiegato che si trovava con Vanderlei e Paulinho, due amici, per andare «a pescare e a comprare vini e articoli da pesca». Tuttavia prima di arrivare alla frontiera sono stati fermati dalle autorità locali: «Ho avuto l’impressione che fosse tutto ben organizzato - dice l'uomo - Hanno rivoltato la nostra auto. Mi hanno accusato di esportazione illegale di valuta, ma è un grande errore: i soldi li avremmo usati in tre per cui non abbiamo superato nessuna soglia, non capisco perché li abbiano attribuiti tutti a me».

«Perché fuggire? - si chiede Battisti - Sono protetto, il decreto Lula non può essere revocato: ormai sono passati cinque anni». L'uomo, in Italia condannato per quattro omicidi ma protetto dallo Stato sudamericano ha spiegato che: «Questa cosa che stavo fuggendo non sta in piedi, non sono un rifugiato politico sono un immigrato con un visto permanente, io posso uscire da questo paese come e quando voglio, senza nessuna restrizione, ho tutti i diritti brasiliani». E poi «da cosa stavo fuggendo? L'unico paese in cui sono protetto è questo». L'ex terrorista dice di non aver mai avuto intenzione di andarsene dal Brasile: «Voglio costruirmi una casetta qui - ha aggiunto - ma dovrò aspettare. Nonostante alcune strane manovre per mandarmi in Italia».

Secondo Battisti le autorità brasiliane lo avrebbero fermato con l'«intenzione di configurare un reato». «È stato terribile - racconta davanti alle telecamere - Sono rimasto chiuso in commissariato per tre giorni, in una cella senza luce, a terra, sporco e maleodorante. Mi provocavano, c'era un clima di euforia. Poi, quando è arrivato l'habeas corpus, sembrava un funerale, tutti con la faccia accigliata», ha aggiunto l'ex terrorista.

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