Dj Fabo e quelle notti da star, poi l'incidente che lo ha trascinato nel buio

Dj Fabo e quelle notti da star, poi l'incidente che lo ha trascinato nel buio
di Rita Vecchio
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Lunedì 27 Febbraio 2017, 08:33 - Ultimo aggiornamento: 11:54

È il ritratto di un uomo ad andare in scena. Quello di dJ Fabo. All'anagrafe Fabiano Antoniani. Di un quarantenne che si è visto stravolgere l'esistenza nella sua totalità da quando un incidente stradale alle porte di Milano ha fatto calare il nero sui suoi occhi, costringendolo a vivere immobilizzato a letto. Oscurando il suo aspetto, la quotidianità, se stesso e le sue passioni. Inclusa quella che era stata per il suo cane Alieno.

ECLETTICO
Ironico, divertente, con tanta voglia di vivere. Ragazzo vivace e un po' ribelle, occhi pieni di allegria. Lui che fermo non ci sapeva stare. Super tatuato ed eclettico. Fabo era questo. Prima. In quella che di fatto è la sua vita precedente, quella che si era scelto. Dj scatenato che faceva ballare dietro una consolle migliaia di persone riempiendo le piste. Con la sua musica. La sua passione vinceva su tutto il resto. Assicuratore, geometra, broker. Ne aveva provati tanti di lavori. E poi le corse in motocross, il team di motard, il cimentarsi in sport tra i più svariati.
Ma era il suonare che lo rendeva felice: «Mi permetteva di dare un tocco magico alla mia vita», come racconta a Le Iene e nel video pubblicato su Eutanasia Legale per portare a termine il suo ultimo desiderio di morire, rivolgendosi all'associazione Luca Coscioni da anni impegnata «per la libertà di ricerca scientifica» e «per i diritti civili dei cittadini in ogni fase della loro vita».

Insieme all'India, paese che lo ha accolto per cinque anni, ospitato e fatto sentire a casa.
«Mi chiamavano ovunque. I numeri dimostravano che piacevo. Veniva un sacco di gente e le serate funzionavano. Così, mi cercavano spesso per portare la mia musica. Suonare per gli altri mi rendeva felice». Momenti indimenticabili, tatuati in parte sul suo corpo (come la grande ganesha indiana sulla schiena con tanto di decorazioni disegnate nei minimi dettagli).

O quando, per il suo compleanno, decide di vestirsi da femmina, suonando per nove ore di fila. Momenti felici vissuti tutti insieme alla sua compagna, Valeria Imbrogno, psicologa con una specializzazione in Criminologia e boxe attendista per passione. Una grande storia di amicizia prima. E di amore dopo.

«Io piacevo alla sua amica. Lei le ha praticamente ciulato il ragazzo», racconta con quella ironia che non l'ha mai abbandonato, neanche adesso. Una donna con cui ha condiviso tutto, dai viaggi alle serate, alle amicizie. Che lo ha seguito in tutti i suoi spostamenti e scelte. E che lo ha aiutato anche durante la terapia.

LA CONSOLLE
«Divento matto a non fare le cose banali cui la gente normale non pensa nemmeno», dice. «Io quantifico la vita in qualità e non in quantità». Lui che la speranza non l'ha mai persa e che non ha mai smesso di lottare finché i dolori troppo forti sono diventati insopportabili. «Ora mi sento in gabbia. Non sono depresso. Ho provato tante terapie che sono state vane. Ho bisogno di aiuto». Ovvero, adesso che non riuscirà più a stare dietro una consolle a far ballare la gente o a correre sulle piste da motocross, o a lanciarsi su qualche liana sulle rive di un fiume, aspetta che l'eutanasia possa portarlo in un mondo altro «dove la musica non potrà mancare».

LA PAURA
Sul suo corpo di recente si era fatto tatuare due scritte: If I can't play my music (Se non posso suonare la mia musica) e Il dolore è la paura che abbandona il corpo. Coerenza e una vita da rock 'n roll dall'inizio alla fine. Indipendentemente da come finirà questa triste storia.

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