Ripa di Meana/ Perché è un format lo slogan dei suoi primi quarant’anni

di Carlo ed Enrico Vanzina
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Sabato 6 Gennaio 2018, 00:06
È dal film I miei primi 40 anni, trasposizione cinematografica del romanzo che è la storia della sua vita fino a un certo punto, che le nostre vite sono state intrecciate a quella di Marina. Il primo a contattarci per fare il film fu Galliano Juso, poi i diritti passarono a Cecchi Gori. Appena abbiamo letto il libro, abbiamo accettato. C’era qualcosa di straordinario al suo interno, era la storia di una donna ma anche del Paese, di momenti che avevamo conosciuto e vissuto. Al cinema ebbe un enorme successo, era molto interessante. Marina voleva capire come avremmo fatto il film, rimase tre ore a casa. Sembrava una prevaricatrice e a volte, nella sua vita, è stata prepotente ma aveva la dote, rarissima, di saper ascoltare. 

Dimostrò la grande profondità che emergeva dal libro, era una donna che affrontava la vita al massimo e sempre con grande intelligenza. Le sarebbe piaciuto interpretare se stessa ma era molto indecisa, aveva delle remore, forse non si sentiva in grado di affrontare un ruolo da protagonista, forse aveva del pudore. C’erano varie ragioni, noi stessi nel lungometraggio cambiammo il nome della protagonista, tutti sapevano che era lei ma il cognome del personaggio è un altro. Quando per interpretarla scegliemmo Carol Alt, fu uno choc, poi però ne fu entusiasta. Carol era una donna bellissima, forse la più bella del cinema mondiale a quell’epoca, ed è riuscita a rendere anche cose spinte con una pulizia estrema, proprio come faceva Marina. La scelta di Carol le era piaciuta davvero molto, «Rimarrò per sempre con quell’immagine sullo schermo, nessuno potrà mai togliermela», diceva.

GLI AFFETTI
Dopo il film, è entrata pure nei nostri affetti. Era la madre di Lucrezia, mamma dei figli di Giovanni Malagò, nostro grandissimo amico, quindi è entrata nella nostra vita in un altro modo. Era una gran nonna, lei che forse come madre in certi momenti era stata un po’ assente, sentiva forte la responsabilità. Nutriva un affetto immenso per le nipoti, le amava in modo spropositato, si commuoveva. La sua scomparsa è molto dolorosa. Marina sembrava superficiale, frou-frou, ma amava pittori, uomini intelligenti, affrontava i problemi con grande leggerezza. Sembrava un personaggio di Francis Scott Fitzgerald, anzi la sua Zelda, più che una donna pareva il personaggio di un romanzo o di un film, sempre con la battuta giusta, aveva una personalità formidabile che raramente abbiamo trovato in altre donne della generazione che ha attraversato. 

Ha lasciato un segno indelebile. Può stare simpatica o antipatica, ha fatto scelte che possono essere condivise o meno, ma mai per interesse, stava solo con gli uomini che amava, ha cambiato vita più volte. È sempre stata una donna molto contemporanea, in ogni momento della sua esistenza. Aveva un senso della moda innato, l’ha anche fatta. Credo che lei e Elsa Martinelli, pure lei scomparsa di recente, siano state le donne più contemporanee di quel periodo. In ogni situazione sapeva cosa era giusto mettere e dire. Vestiva sempre in modo unico. Aveva una bellezza particolare, era davvero capace di catalizzare tutti gli sguardi su di sé. Lei che non era nata nobile, era più nobile dei nobili. Non credo ci siano state altre donne come lei. Anche negli ultimi anni, ha affrontato la sua lotta con forza, serenità e leggerezza, senza far pesare mai niente a nessuno. Era una donna eccezionale, anticonformista, lo è stata fino all’ultimo. Forse aveva capito che la vita va presa come un passaggio, con leggerezza appunto. Oggi, manca una Marina Ripa di Meana, non ci sono più donne così.
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