Le priorità/Risposte mirate per ottenere una vera ripresa

di Oscar Giannino
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Martedì 15 Agosto 2017, 00:05
Ieri Gentiloni ha trovato parole equilibrate. Come suo solito, visto il carattere personale e il modo felpato in cui esercita la sua presidenza del Consiglio. Ma ammettiamolo, questa volta non era facile. Perché la protesta a cui ha dato voce il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, largamente condivisa da moltissimi sindaci dei 55 Comuni a “zona rossa” devastati dal sisma nell’estate e autunno 2016, ha dalla sua elementi oggettivi. È un fatto che le cose siano andate diversamente dalle promesse, anche questa volta. 

Le casette di emergenza promesse per il primo inverno non sono arrivate, e anche oggi per via degli iter burocratici delle gare sono in percentuale bassissima. La rimozione delle macerie poi, ferma al 6/7% dello stimato nelle diverse aree più colpite a cavallo delle quattro Regioni colpite, è davvero intollerabile. Ma la protesta di Pirozzi ha colpito duro sul fisco, e su questo a Gentiloni è toccata una brutta gatta da pelare. A distanza di 24 ore dalla denuncia del sindaco di Amatrice le cose sono diventate più chiare. E allo stesso tempo a Gentiloni bisogna riconoscere che non si è limitato a dire «la legge parla chiaro», ma ha aggiunto parole concilianti, che aprono la porta a soluzioni nuove.

Ricapitoliamo. Pirozzi ha sollevato due argomenti. Il primo è la promessa mancata di esenzione fiscale totale di imposte e contributi per quattro anni, divenuta invece un sia pur ingente credito fiscale ma solo per due anni, incardinato nelle zone franche urbane riconosciute sotto il governo Renzi. E attuate oggi per decreto dal Mise, facendo riferimento a quella legge, com’è ovvio e non poteva che essere. Il secondo è l’estensione impropria dei Comuni riconosciuti parimenti allo stesso livello di agevolazione, divenuti 131 rispetto ai 55 iniziali del cratere vero, con la più imponente percentuale di devastazione di abitazioni, tessuto urbano, vario e di attività economiche. 
Sulla prima questione, il Mise domenica e ieri Gentiloni non hanno potuto che ricordare che la disciplina della zona franca discende dalla scelta fatta sotto il governo Renzi. E’ vero che il credito d’imposta per questi soggetti è stato meglio precisato anche dalla Commissione Ue, e dunque il condono totale o semi-totale delle tasse nelle aree colpite da sisma, praticato fino agli anni Novanta dello scorso secolo in Italia fino all’Umbria per gli eventi del 1997, non è più teoricamente possibile. E anche la scelta di estendere il numero dei Comuni del cratere, non è stata fatta né dal Mise né da palazzo Chigi sotto questo governo.

Tuttavia la cosa davvero importante delle parole di Gentiloni è stato non fermarsi solo a queste osservazioni formali, corrette ma formali. Che, da sole, sarebbero suonate ai sindaci terremotati come un «perché non avete sollevato obiezioni quando le scelte furono fatte, a tempo debito?». Quel che conta infatti è l’oggettivo fondamento attuale delle recriminazioni. E Gentiloni su questo ha fatto bene a dire che «se ci sono obiezioni, siamo sempre aperti per valutarle con Pirozzi, che merita il nostro consenso e supporto, e con tutti i sindaci». «Non posso escludere che non ci siano difficoltà, perché sarei un pazzo», ha aggiunto il premier. 
Va detto: è il caso davvero di riaprire il tavolo delle consultazioni con i sindaci. Su entrambe le ragioni di protesta. Sin dall’indomani delle prime scosse, scrivemmo su queste colonne che c’erano degli evidenti errori del passato che non andavano ripetuti. Uno era la moltiplicazione nel tempo dei Comuni a cui adottare il regime più esteso di agevolazioni. Vero è che quel consiglio è stato tenuto presente: non siamo certo alla superfetazione che per ragioni clientelari avvenne dopo il 1980 in Irpinia, quando dai 36 Comuni del cratere primo momento si passò prima a 280, e infine a 687, cioè l’8.5% di tutti i Comuni d’Italia. Purtuttavia resta vero quel che sostengono oggi Pirozzi e i suoi colleghi dei 55 Comuni più colpiti nel 2016: le loro devastazioni non sono paragonabili a quelle dell’ottantina di Comuni che sono stati aggiunti. 

Dunque ha anche senso che il regime di agevolazioni fiscali, col credito d’imposta biennale incardinato nella zona franca, e che vale sia per imprese sia per partite Iva, oltre che per Irepf Irap e Imu e contributi, sia reso con la prossima legge di bilancio 2017 più forte e protratto per l’area del cratere ristretto e primigenio. Non fasciamoci per favore pregiudizialmente la testa con «l’Europa non vuole», perché un rafforzamento delle condizioni di spesa ed entrate pubbliche a seguito di eventi naturali di carattere eccezionale, come abbiamo scritto più volte, è codificato esplicitamente nell’acquis comunitario (Fiscal Compact compreso, tanto per citare la bestia nera dell’antieuropeismo). Dunque, se del caso, si chiede, si tratta e si porta a casa: le ragioni sono oggettive. 
Non vogliamo forzare la mano, ma noi leggiamo nelle sagge parole ieri di Gentiloni la disponibilità piena a esaminare e mettere in cantiere misure di questo tipo. Di questo, c’è bisogno. Purtroppo, anche per il sisma 2016 le asfissianti procedure burocratiche rendono molto amaramente diluita nel tempo la prospettiva della ricostruzione. Ma intanto, chi deve decidere definitivamente se riscommettere su un’attività d’impresa nelle aree più devastate ha bisogno di certezze maggiori di quelle riservate a chi ha sopportato distruzioni comunque gravi, ma non pari al 60% o all’80% come i Comuni più colpiti. Questo è un fatto.

Sappiamo poi tutti che è molto facile che queste polemiche prendano una piega elettorale e di schieramento. Ma, come per l’informazione c’è il dovere dell’approfondimento delle notizie, e non solo la facile tentazione di cavalcarle demagogicamente, allo stesso modo il dovere di un governo è dare risposte concrete a questioni fattuali. Quando lo sono, come in questo caso.
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