Terremoto ad Amatrice, i guardoni con lo smartphone: il selfie è con le mura crollate

Terremoto ad Amatrice, i guardoni con lo smartphone: il selfie è con le mura crollate
di Mario Ajello
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Lunedì 29 Agosto 2016, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 30 Agosto, 08:24
dal nostro inviato
AMATRICE S'indignano, ogni tanto, i guardoni dell'orrore. «Non l'hanno ancora riaperto il ponte che porta ad Amatrice? E noi come facciamo a vedere un po' di terremoto?». Sono tipi così i motociclisti e gli automobilisti che nella domenica delle salme, nella domenica dei vivi e dei morti, arrivano da Roma e da altre città per godersi lo spettacolo della tristezza altrui. E del resto che cosa c'è di meglio, in una bella giornata di sole, che fare una gita fuori porta verso borghi e frazioncine rase al suolo oppure, se le guardie pretendono di bloccare la carovana dei tragedy watchers («Ne rimandiamo indietro molti», racconta uno della stradale), fare inversione a U sulla Salaria e dirigersi verso la tendopoli di Scai che è a ridosso della strada statale e non richiede neppure tanta fatica per spiarla attraverso il casco o il parabrezza?

LA CENA CON L'AMATRICIANA
La prima domenica dei terremotati è anche questa. È una domenica a cui è stato violentemente sottratto quell'insieme di riti festivi tipici dell'Italia di quassù, profonda e antica. Non c'è più il pranzo domenicale, anche se ieri sera per cena, al campo di Arquata del Tronto, Saverio Olivi e gli altri cuochi volontari hanno preparato la amatriciana per 350 persone.
Non c'è più l'abitudine del caffè nel bar della piazza una volta finita la messa, perché sono venuti a mancare sia i bar sia le chiese. E pure la passeggiata con i bimbi resta soltanto un ricordo di una normalità irrecuperabile almeno per ora, perché i più piccini sono stati portati via, dopo lo choc del sisma e i lutti conseguenti. E il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, prende la parola dopo la messa sul prato e dice ai concittadini: «Tra pochi giorni avremo un container da usare come scuola. Se vanno via i nostri bambini, nelle elementari di Roma o di Ascoli o altrove, andranno via anche le mamme e il paese è finito».

Una domenica così, la domenica al tempo del sisma, è l'opposto della domenica come momento di raccoglimento familiare. «Avevo fatto le fettuccine da mangiare oggi a pranzo con i funghi porcini che nelle nostre montagne si trovano già - narra Bruna, sull'uscio della capanna che la accoglie - ma nel crollo della mia casa saranno morte anche loro nella polvere». O magari le recupereranno i guardoni dell'orrore che sarebbero capaci di intrufolarsi anche nelle cucine sfondate e nelle case da pranzo abbandonate ma si accontentano di uno sguardo dall'esterno perché comunque l'happening - è qui la festa? - già così è abbastanza soddisfacente e può valere la fatica del viaggio?

«Noi siamo gli angeli su due ruote - dice Alberto, a cavallo della sua moto da cross da volontario accreditato per raggiungere il luoghi più impervi e sterrati dove le auto dei soccorsi non arrivano - mentre quelli che arrivano la domenica sgommando e impennando, per curiosare tra le rovine umane e materiali, li chiamiamo i diavoli delle due ruote».
C'è stato perfino un inseguimento tra angeli e diavoli di grossa cilindrata. Ancora Alberto: «Abbiamo fatto scappare dei tizi arrivati da Napoli». I quali volevano probabilmente scattare qualche selfie, sullo sfondo del campanile pericolante di Amatrice o di una brandina con una nonna che ha perduto i nipoti, per poi farlo circolare sui social network. Vantandosi con gli amici di Facebook: «Uno sballo questo posto, no?».

Non lo è per i terremotati che senza più la chiesa di Sant'Agostino ad Amatrice, dove andavano per la messa domenicale, ora da lontano ne osservano i ruderi e stanno immaginando di pregare lì dentro come hanno sempre fatto quando la vita poteva chiamarsi vita. E quando era impensabile per esempio che un piccolo borgo, ora ex, come Saletta attirasse tanti visitatori come accaduto ieri. I guardoni non hanno neppure l'originalità di andare a cercare posti particolari per bearsi dello strazio, puntano alle immagini che vedono in tivvù - la cappellina squarciata, la scuola che non ha retto e ieri un altro pezzo delle elementari di Amatrice è andato giù - e vogliono partecipare in modalità reality alle scene che hanno già visto sul video. Un paio di loro sono stati fermati, in tenuta da centauri, mentre tentavano di dirigersi verso le rovine dell'Hotel Roma. Che proprio in questa domenica doveva essere protagonista della cinquantesima edizione della sagra della amatriciana e invece niente: è andata come è andata. E sono stati appena individuati tre corpi sotto i resti del celebre ristorante.

SALVATA DAL MARITO CIECO
Intanto i guardoni guardano, ma non li può vedere Luigi Leonardo Paris. Il quale non rinuncia, accompagnato da un parente a sua volta accampato, alla passeggiatina domenicale nei pressi del corso sparito. Ha 67 anni, è cieco da 23, racconta la sua storia: «Ho liberato mia moglie Ernestina dalla casa crollata, la notte del 24 agosto, e in braccio l'ho portata via». Pur essendo lei un non vedente? «Io viaggio nel buio da tanti anni e mi ci so muovere».

LA FINTA PIETÀ
Nel terremoto come circo, perché anche questo è, a dispetto delle migliaia di volontari e di tecnici intralciati nel loro valoroso impegno dai ficcanaso, capita di imbattersi in qualcuno che arriva fingendo pietas («Non è che ve serve na mano?») e in realtà trascinato soltanto dalla voglia di abbordare qualche ragazza della Croce Rossa. Oltre al rimorchiatore da sisma, c'è quello che si presenta con ai piedi i sandali da spiaggia o in vesti naturalmente griffate da scalatore dell'Everest, e con l'arietta sbarazzina da caricatura di Nanna Moretti avverte: «Perché sono qui? Faccio cose, vedo gente».
Sia questa tipologia di intruso, sia le altre, risultano così banali da non meritare neppure la feroce definizione coniata a suo tempo da Indro Montanelli: «Preferisco le zanne delle belve alla bava degli sciacalli». C'è chi si inventa ragioni pseudo-umanitarie per essere qui - a intasare il lavoro di chi lavora - insieme al proprio narcisismo da emergenza. «Siamo dell'Associazione per lo sviluppo eco-equo-sostenibile», dice una coppia di fidanzati al carabiniere che li ferma alle pendici di Amatrice. Mentre un camper arrivato dal riminese si ferma sulla diga che sta sotto al paese. L'equipaggio scende e butta un'occhio sullo specchio d'acqua. Nella speranza di vedere qualche corpo galleggiante.
 
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