Terremoto, ecco cosa fare in caso di scossa

Terremoto, ecco cosa fare in caso di scossa
di Emanuele Perugini
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Giovedì 19 Gennaio 2017, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 17:55
Per superare il panico generato da una situazione di stress come quella di ieri a Roma occorre mettere a punto una serie di strategie efficaci di comunicazione. Intanto, serve rendere partecipi, attraverso campagne mirate, del rischio reale che si corre in città in caso di terremoto. Le persone vanno informate, nelle scuole, ma anche negli uffici, e in tutti i luoghi pubblici. Sapere poi cosa fare in caso di emergenza è poi la strategia migliore per sconfiggere il panico.

ALL'ESTERO
In Giappone, quando ci sono i terremoti - e sono molto più violenti dei nostri - immediatamente entrano in azione squadre di volontari che si preoccupano di fornire assistenza agli altri cittadini. Per esempio li accompagnano nei luoghi che sono stati individuati come sicuri, oppure portano coperte, cibo ed acqua, a seconda delle necessità. Per arrivare ad avere questo tipo di situazione occorre oltre alla comunicazione, anche un chiaro investimento nella prevenzione, anche attraverso il ricorso ad esercitazioni su larga scala. La cosa più importante è poi conoscere quale è il rischio relativo al luogo in cui ci si trova: per esempio la propria casa o la scuola, o il luogo di lavoro. Evitare poi di intasare i telefoni, nei momenti di massima emergenza può non solo aiutare a superare il panico, ma aiuta anche a comunicare chi, in quelle situazioni, ha maggiore necessità di comunicare.

GLI SMARTPHONE
A mano a mano che le scosse si succedevano gli smartphone dei romani ieri hanno cominciato a segnalare l'arrivo di notifiche che riferivano la chiusura della metro, la potenziale evacuazione della scuola del proprio figlio, addirittura del crollo di alcuni palazzi. Perché, come se non bastasse in quei momenti in cui mancava letteralmente la terra sotto i piedi, c'è stato anche chi ha pensato bene di diffondere bufale e notizie false. Si è trattato di una situazione che ha messo in difficoltà anche chi conosce il terremoto e sa quale è il rischio per la città di Roma. «Conoscere il terremoto fa parte del mio lavoro spiega Luca Malagnini, sismologo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) eppure ieri pomeriggio ho faticato un po' anche io a spiegare agli altri genitori nella chat della scuola di mia figlia che non c'era alcun pericolo».

LE SCELTE
Naturalmente alcune scelte sono sembrate, alla luce del rischio reale, ad alcuni eccessive, così, all'interno di un flusso di informazioni già rovente si è andato a innescare anche la polemica tra chi se la prendeva per la chiusura esagerata delle scuole. Un vero e proprio caos che può essere sopportato solo dal fatto che queste scosse poi non producono danni veri e propri. Se ci fosse il terremoto, quello vero, una reazione così in una città da qualche milione di abitanti, sarebbe un ulteriore disastro.

LE DIFFERENZE
«Dobbiamo dire con franchezza spiega Romano Camassi, ricercatore dell'Ingv che su questo punto siamo davvero molto indietro a livello di paese. Abbiamo una bella organizzazione e abbiamo un sistema davvero efficiente di Protezione Civile, ma facciamo davvero troppo poco per quanto riguarda la prevenzione, la comunicazione e la comunicazione efficace del rischio». Non stupisce infatti che anche un terremoto relativamente modesto come quello di ieri possa avere degli effetti psicologici così importanti.

«Tutti noi spiega Camassi abbiamo negli occhi da mesi le immagini dei crolli. Tutti siamo costantemente sottoposti a un sovraccarico di informazioni che hanno bisogno di risposte di tipo emotivo. Per di più queste informazioni vengono rilanciate e amplificate attraverso molteplici canali soprattutto chat e social - che hanno come effetto quello di sottoporre il nostro cervello a un flusso di informazioni che non è in grado di gestire soprattutto sotto il profilo emotivo. Non mi sorprende, in questo scenario che qualche preside abbia deciso di chiudere la scuola. Per superare queste difficoltà dobbiamo lavorare molto e a lungo».

GLI ALTRI ESEMPI
Il gap con alcuni paese è evidente, per esempio con il Giappone. Franco Gambale, biofisico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha scritto un libro «Quando la terra trema» (Edizione Express Science) per raccontare la sua esperienza a Senday, nel mezzo del più grande terremoto che ha colpito il Giappone e distrutto la centrale di Fukushima. «Fu un evento incredibile e mi trovavo nel punto più vicino all'epicentro racconta ma nonostante la scossa fosse 30mila volte più potente di quella di ieri, molti sapevano esattamente cosa fare, dove andare, che tipo di soccorso prestare. Ricordo che dopo un ora eravamo tutti al sicuro sotto la stazione della metropolitana».
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