Macron accoglie l’ex premier libanese all’Eliseo, Riad richiama l'ambasciatore in Germania

Macron accoglie l’ex premier libanese all’Eliseo, Riad richiama l'ambasciatore in Germania
di Elena Panarella
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Sabato 18 Novembre 2017, 15:44 - Ultimo aggiornamento: 18:14
Una schiarita sembra profilarsi nell’intricata crisi politica in Libano, ma allo stesso tempo, altre minacciose nubi continuano ad addensarsi sulla regione. 

Intanto il premier dimissionario libanese Saad Hariri è atterrato a Parigi: il suo arrivo all’Eliseo, dal presidente Emmanuel Macron, dovrebbe poter finalmente smentire le voci secondo cui finora è stato trattenuto - o addirittura “tenuto in ostaggio” - dall’Arabia Saudita, da dove il 4 novembre ha presentato a sorpresa le sue irrituali dimissioni. Dopo l’atterraggio del suo aereo privato è stato preso in consegna da una scorta. Motociclisti hanno accompagnato il convoglio di Hariri e della moglie Lara - non c’erano i tre figli della coppia - fino alla loro residenza parigina. Macron, in un’operazione di mediazione nella regione, lo ha invitato a Parigi insieme alla famiglia «per qualche giorno o qualche settimana» per cercare di uscire dalla difficile situazione dopo le dimissioni. Una soluzione accettata da Hariri e da Riad. Prima di lasciare la capitale saudita, l’ex premier libanese si è incontrato ieri sera con il principe ereditario Mohammad bin Salman. Prima di partire, ha dichiarato: «Dire che sono trattenuto in Arabia Saudita e che mi è vietato lasciare il Paese è una menzogna». Tra i mille dubbi sulla vicenda l’unica certezza è che ora Hariri è a Parigi.

Da Mosca, tuttavia, il suo ministro degli esteri, Gebran Bassil, suona l’allarme sulle tensioni regionali, e esorta la Russia ad essere ancora più coinvolta nelle sue attività in Medio Oriente. «Ci aspettiamo che la Russia continui ad aumentare la propria presenza per completare quell’equilibrio tra i poteri nella regione che, in caso contrario, non sopravviverà», ha detto in una conferenza, accanto al ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov. Bassil ha inoltre denunciato che Beirut era «praticamente sul punto di firmare il primo contratto per lo sviluppo di giacimenti di gas grazie alla partecipazione di compagnie russe: ora stiamo assistendo a un tentativo d’impedire al Libano questo percorso». Perché, ha detto, «le stesse forze che hanno destabilizzato la Siria, stanno cercando di minare il Libano». La Russia - stretta alleata del regime siriano di Bashar al Assad - ha dal canto suo affermato che «la risoluzione di tutte le questioni urgenti» in Libano dovrebbe emergere «dagli stessi libanesi» e, soprattutto, «senza un’ingerenza esterna». Un riferimento che sembra essere diretto in particolare all’Arabia Saudita, il cui ministro degli esteri ha affermato ancora oggi che non potrà esserci stabilità in Libano fino a quando il movimento sciita Hezbollah non avrà disarmato. 

Già ieri lo stesso Adel al-Jubeir aveva detto che Hezbollah, fortemente sostenuto dall’Iran, arcirivale di Riad, dovrebbe rispettare la sovranità del Libano. Al Jubeir aveva anche accusato Hezbollah di sostenere i ribelli sciiti in Yemen, contro cui l’Arabia Saudita è impantanata in una guerra fortemente voluta dal principe ereditario Mohammed bin Salman. Lo Stesso Hariri, quando ha annunciato le sue dimissioni, ha affermato di temere per la sua vita e ha accusato l’Iran e Hezbollah di interferenze nella regione. Una visione condivisa anche da Israele, il cui capo di stato maggiore israeliano, generale Gady Eisenkot, ha affermato che «l’Iran progetta di controllare il Medio Oriente con due mezzelune sciite: la prima dall’Iran, attraverso l’Iraq, fino in Siria e in Libano, e la seconda dal Bahrein attraverso lo Yemen fino al mar Rosso. Su questa faccenda - ha poi detto - noi e il regno saudita, che non è mai stato nostro nemico e con cui non abbiamo mai combattuto, concordiamo completamente». Resta però il fatto che Hezbollah fa parte del governo finora presieduto da Hariri, mentre secondo quanto risulta, l’ultimo incontro dello stesso Hariri prima di partire per Riad è stato con Ali Akbar Velayati, consigliere della guida suprema iraniana e, secondo alcune voci, questo sarebbe uno dei motivi per cui è stato convocato in Arabia Saudita. Secondo lo stesso Velayati, Hariri «voleva mediare tra Iran e Arabia Saudita, e a noi questo faceva piacere».

A tutto questo si aggiunge la crisi diplomatica tra l’Arabia Saudita e la Germania, per alcuni frasi pronunciate dal ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel. Tanto che Riad ha richiamato il proprio ambasciatore a Berlino per le parole «sorprendenti» pronunciate ieri da Gabriel dopo un incontro con il ministro degli Esteri libanese Gebran Bassil. In quell’occasione, il capo della diplomazia tedesca aveva denunciato «l’avventurismo» della politica saudita nella regione, sostenendo tra l’altro che il premier dimissionario libanese Saad Hariri si trovasse “detenuto a Riad”. Una circostanza poi smentita dallo stesso Hariri con un tweet nella notte, nel quale riferiva di essere diretto all’aeroporto della capitale saudita per imbarcarsi su un volo per Parigi. 

«Il Regno considera che queste dichiarazioni arbitrarie, basate su false informazioni, non sostengano la stabilità nella regione - spiega una fonte del ministero degli Esteri saudita - non rappresentano la posizione del governo amico tedesco, che è considerato dal governo del Regno un partner affidabile nella lotta al terrorismo ed all’estremismo e nella ricerca della sicurezza e della stabilità nella regione». La stessa fonte precisa che l’ambasciatore è stato richiamato per consultazioni, mentre all’ambasciatore tedesco a Riad sarà consegnata una nota di protesta per queste «dichiarazioni ingiustificate». Nel tweet (completo) pubblicato nella notte, Hariri aveva scritto: «Dire che sono trattenuto in Arabia Saudita e che non mi è permesso di lasciare il Paese è una bugia. Sono sulla strada per l’aeroporto, signor Sigmar Gabriel».
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