Brexit/Le ragioni del no, il diritto di tutti di scegliere il proprio futuro

di Giuliano da Empoli
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Lunedì 27 Giugno 2016, 00:05
Appena pubblicati i risultati del referendum inglese sull’Europa è scattato il coro degli insulti. Sono i vecchi che hanno votato contro il futuro dei loro figli. Gli ignoranti che hanno prevalso sui competenti. I nostalgici che credono ancora di vivere ai tempi dell’impero britannico. Una banda di trogloditi che non sa quel che fa, tant’è vero che molti sono già pentiti, e molti di loro firmano addirittura petizioni per tornare indietro.

Ma ormai è troppo tardi, meglio perderli che trovarli, dei compagni di strada così: ora che ci siamo liberati di loro chissà quante meravigliose cose faremo con quelli che restano (se solo i francesi si svegliassero, i tedeschi fossero un po’ meno ottusi, gli europei dell’est un po’ meno razzisti e gli spagnoli riuscissero a dotarsi di un governo).
Tre giorni di commenti così. Tweet su tweet, editoriale dopo editoriale. Eppure il no all’Europa ha le sue ragioni. E per capirle non basta citare la desertificazione industriale e l’impoverimento dei ceti medi, che pure ci sono. E neppure la paura degli immigrati e del diverso, che hanno pesato anche loro sull’esito del voto. Alla radice di Brexit, così come degli altri movimenti centrifughi che attraversano l’Europa in questo periodo, c’è un sentimento più profondo.

Osservando gli anziani residenti delle case di riposo, i medici hanno scoperto che vivono più a lungo, e sono più felici, coloro ai quali viene lasciato un margine di controllo, anche piccolo, sulle circostanze della loro vita quotidiana. La possibilità di appendere un quadro al muro. O di scegliere il menu del pranzo. Lo stesso aveva concluso, in circostanze assai più tragiche, Bruno Bettelheim studiando i sopravvissuti dei campi di concentramento. A farcela erano stati soprattutto quelli che, anche al cuore dell’inferno, erano riusciti a conservare una sfera, per quanto minima di autonomia.

Gli uomini vogliono avere il controllo della propria esistenza. Nessuno può essere felice se si sente in balia degli eventi. La democrazia non è in fondo nient’altro che questo. La possibilità, per una comunità, di scegliere il proprio destino. Per questo, è un po’ difficile far finta di nulla se, in tutta Europa, un numero crescente di cittadini ha la sensazione di aver perso il controllo sul proprio destino. Di essere in balia di forze incontrollabili sulle quali non è in condizione di esercitare la minima influenza. 

Brexit, Trump, la destra xenofoba e i populisti euroscettici dichiarano tutti di voler restituire ai cittadini questo senso di controllo. E la strada che indicano è sempre più o meno la stessa. Tiriamo il freno della globalizzazione, facciamo fare un passo indietro all’Europa e chiudiamo le frontiere. Torniamo al piccolo mondo antico nel quale si stava meglio. Nulla lascia pensare che questa ricetta abbia la minima probabilità di funzionare (anzi tutti indica il contrario). Ma si tratta quanto meno di un tentativo di rispondere all’ansia da perdita di controllo che milioni di persone stanno vivendo sulla propria pelle.

Sul fronte avverso, invece, si vedono solo forze “moderate”, “responsabili”, partiti tradizionali e leader autorevoli che preferiscono far finta di non aver capito la domanda. Per loro, Brexit e affini sono rigurgiti del passato, oscure manifestazioni di ignoranza che dovranno prima o poi vedere la luce. Ma ostinarsi a trattare gli elettori dei movimenti populisti come trogloditi superati dalla storia è il modo più sicuro per far sì che diventino sempre più numerosi.
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