La conferenza degli Ambasciatori a Milano e il ruolo di Roma

di Livia Pomodoro
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Domenica 23 Luglio 2017, 00:05
Una tappa della XII Conferenza degli Ambasciatori anche a Milano – se qualcuno arricciasse il naso - è al contrario, prima di tutto, un segnale di sistema: che prova ad affermarsi in questa Italia anarchica e conformista insieme. Alimenta, infatti, da un lato, il lascito di Expo 2015 ( nel 2015 per la verità ne aveva già accompagnato l’avvio) e richiama, dall’altro, a Milano e Milano alla sua responsabilità, nella stagione della crisi, di essere locomotiva del Paese. Forse il motore di una sua ripresa.

Questo segnale viene ormai da lontano perché lanciato nel 2001, al ministero degli Esteri, da Silvio Berlusconi: per la prima volta, tematizzò una diplomazia dell’economia e l’alleanza tra cultura e impresa all’insegna del made in Italy. Un segnale che ha trovato ulteriore conferma nella autoriforma del 2010 (ministro Frattini) , con la creazione della Direzione Sistema Paese: con competenze trasversali, dal punto di vista geografico, responsabile di una “promozione integrata” che leghi insieme economia, cultura, scienza e tecnologia. Non è un caso che a dirigerla, da Expo 2015, sia Vincenzo De Luca, console all’Expo di Shanghai e promotore dell’evento dei prossimi giorni.
Il cerchio dei cambiamenti conosce poi, nel 2014, la decisione del Mibact di portare al proprio interno la Direzione Generale Turismo; del tutto evidente essendo ormai non solo l’impatto della produzione culturale sullo sviluppo economico e sociale, ma anche la sua importante sinergia nella crescita di un’altra grande industria nazionale, quella del turismo. Gli effetti di tutto questo percorso sul campo: soprattutto con Renzi l’Italia ha poi reso strutturali le sue missioni di sistema a cominciare dall’importante relazione con la Cina.

Una conferenza degli Ambasciatori è poi una prova ed un’occasione di autocoscienza; un passaggio rilevante per disegnare scenari, offrendo alla rete diplomatica il polso di come cambia il Paese – a Milano con la regìa di Marco Tronchetti Provera parlerà il mondo delle imprese –, ma anche per ricevere da questa un rapporto sullo stato della nostra immagine e delle prospettive della nostra economia all’estero. E qui la Farnesina con Ettore Sequi (Cina), Liborio Stellino (Emirati Arabi) e Pasquale Terracciano (Russia) offrirà un quadro degli orizzonti che si aprono all’Italia ed alla sua attrattività. Che può continuare a contare sulla “potenza della sua bellezza” – un ulteriore tema che questa XII Conferenza affronta -, su quel marchio affermato che ha nome made in Italy: perché lì affondano le radici della nostra simpatia, del nostro talento e della nostra reputazione.

Ma questa Conferenza - non saremmo sinceri – è anche il riflesso di un malessere ed insieme l’occasione per una importante risposta alla malattia italiana. Sono sempre più evidenti le due velocità del Paese, sempre più lo specchio opaco di due mentalità ( Milano sempre più dinamica, Roma che perde colpi ). Di due modi di “vivere all’italiana”- per riprendere il tema della Conferenza e la sua positiva propensione all’ internazionalizzazione – sempre più stridenti. Spiace – è molto doloroso dirlo – ma Roma, anche rinunciando alle Olimpiadi ( i grandi eventi sono rilevanti occasioni per mobilitare risorse, energie e autostima) , sembrerebbe preferire il cammino verso una inesorabile “decrescita infelice”. Ce ne rendiamo conto? Scacciamo allora dalla mente e dal cuore questo incattivimento, questo impoverimento che non è solo dell’economia, ma anche dell’animo e del nostro guardare al mondo ( fino a pochi mesi fa il linguaggio della nostra politica si era impadronito di una dimensione che non conoscevamo più: la voglia di futuro). Ecco che quindi questa tappa della Conferenza degli Ambasciatori a Milano può essere anche un segnale per il risveglio di Roma, perché Milano e Roma promuovano insieme la rinascita del Paese.

*Presidente Milan Center for Food Law and Policy
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