Elezioni in Francia, il sollievo dell'Unione Europea: «Euroscettici frenati»

Elezioni in Francia, il sollievo dell'Unione Europea: «Euroscettici frenati»
di Alessandro Cardini
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Lunedì 24 Aprile 2017, 06:48

BRUXELLES Lo scenario più temuto era la corsa al secondo turno Le Pen-Mélenchon, due politici radicalmente diversi che però vengono considerati anti-sistema e anti-Ue. Lo scenario accarezzato era una corsa tra Macron e qualsiasi altro, meglio se il conservatore Fillon, ma comunque una corsa con un forte candidato europeista in buona posizione. Dato che è quest'ultimo lo scenario tracciato dal primo turno delle presidenziali francesi, nei palazzi europei si tira un bel respiro di sollievo. Benché a Bruxelles sia sempre in vigore la regola che i risultati elettorali degli Stati membri non vengono commentati ufficialmente, e nel caso delle presidenziali francesi tutti consiglino prudenza perché il secondo turno è tutto da giocare, il presidente della Commissione Jean Claude Juncker si è «felicitato» con Macron per il risultato e, ha indicato una portavoce, «gli ha augurato coraggio per la tappa successiva».

SCAMPATO PERICOLO
Nonostante la Ue continui a vivere come se fosse sempre sull'orlo dell'implosione, c'è comunque aria di scampato pericolo indica un alto funzionario delle istituzioni europee. E il motivo è semplice: il contesto del voto francese non appariva favorevole al discorso europeo. Degli undici candidati all'Eliseo al primo turno otto hanno dichiarato o la volontà di uscire dalla Ue aggiungendo Frexit a Brexit o di tornare alla valuta nazionale o di ridiscutere i termini della partecipazione della Francia all'Unione europea. Secondo una valutazione più secca, si può anche sostenere che degli undici candidati al primo turno dieci hanno una vena euroscettica o almeno eurodubbiosa se si risale anche al modo in cui hanno votato contro il Trattato di Maastricht nel 1992 e al referendum sulla Costituzione europea nel 2005. Il solo candidato che nella campagna per le presidenziali ha parlato positivamente con nettezza, dunque controcorrente, è stato Emmanuel Macron, come ha acutamente ricordato il direttore de La Tribune Philippe Mabille. Sia François Fillon che Benoît Hamon restano beninteso nell'alveo dell'Unione, ma certamente appaiono più critici e parecchio distanti. Ecco perché, nei palazzi di Bruxelles il voto a Macron viene considerato un voto pienamente utile per l'Europa, ha spiegato Mabille.

LA COALIZIONE ESTERNA
La suspense durerà ancora due settimane. Una fonte europea indica che i massimi esponenti politici europei, a partire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, e i responsabili delle istituzioni Ue dovrebbero evitare incursioni dirette nella campagna del secondo turno. La partita Macron-Le Pen si giocherà ancora molto sui temi europei ed è meglio non dare l'impressione che si sta formando una coalizione esterna alla Francia per rafforzare l'ex giovane ministro dell'economia francese. Sarebbe come eccitare gratuitamente le posizioni sovraniste così forti in Francia e non solo nel campo lepenista. In ogni caso, questo del sostegno esterno a Macron è un segreto di Pulcinella: da tempo è noto, per esempio, che per quanto riguarda la Germania, sia il ministro degli esteri Sigmar Gabriel (socialdemocratico) che il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble (del partito di Merkel) lo appoggiano senza riserve.

Il ballottaggio del 7 maggio ora viene considerato con un pizzico di ottimismo: il cerchio attorno a Macron si è già chiuso con gli annunci del neogollista Fillon e del socialista Hamon che hanno fatto appello a votare per lui. Per la domenica del secondo turno si disegna la riedizione di quanto successo quindici anni fa, quando Jacques Chirac ottenne l'82% dei consensi dei francesi al secondo turno battendo sonoramente Jean-Marie Le Pen, padre di Marine. Una vittoria di Macron significherebbe il rafforzamento della diga antipopulista, antieuroscettica e antieurofobica alla vigilia dell'avvio dei negoziati per Brexit e con decisioni decisive quasi immediate da prendere a livello europeo: immigrazione, sicurezza e contrasto del terrorismo, relazioni con Stati Uniti e Russia. Per non parlare delle scelte sugli assetti futuri della zona euro e sulle cooperazioni rafforzate su sicurezza e Difesa.

UN PRIMO PASSO
Zaki Laïdi, professore di relazioni internazionali a Sciences Po e consigliere di Manuel Valls quando era primo ministro, ha ricordato che la vittoria elettorale è solo un primo passo e che i margini di un presidente per governare davvero dipendono dalla maggioranza all'Assemblea Nazionale. Soprattutto se vuole metter mano a profonde riforme di sistema, come Macron ha annunciato. Nella migliore delle ipotesi, Macron replicherebbe la vittoria alle legislative di giugno, scenario «ipotizzabile ma non certo» a causa del fatto che non si appoggia a un movimento politico organizzato, la sua grande debolezza ricorda Laïdi; nella peggiore delle ipotesi, ci sarebbe la «coabitazione» con una maggioranza parlamentare più centrista. Scommesse premature. Una fonte diplomatica a Bruxelles fa notare che in ogni caso è tutto da dimostrare se l'era delle coalizioni più o meno grandi è davvero destinata a finire nel 2017. Resta il fatto che in Francia circa il 40% dell'elettorato si è espresso per candidati anti Ue (Le Pen e Mélenchon). Nei sondaggi la sfiducia verso la Ue resta alta, il 60% dei francesi dichiara opinioni non favorevoli all'Unione. Questo però prima di ieri. Domani, si vedrà.

 
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