Espulsioni più facili: stretta di Macron sull’immigrazione

di Alessandro Campi
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Giovedì 22 Febbraio 2018, 00:06
Assistenza umanitaria e controllo delle frontiere, accoglienza e sicurezza. Accoglienza ai rifugiati e diritto alla sicurezza dei cittadini. Integrazione e rispetto delle regole. Protezione dei deboli e procedure legali vincolanti per chi vuole entrare in Francia. Un po’ di sinistra, un po’ di destra, come è nello spirito del movimento En Marche! che nel maggio dello scorso anno ha sostenuto la marcia trionfale verso l’Eliseo di Emmanuel Macron.
Quest’ultimo ha presentato ieri un ampio e ambizioso progetto di legge in materia d’immigrazione (voluto fortemente dal ministro dell’interno Gérard Collomb) che sarà discusso dall’Assemblea nazionale il prossimo aprile e che nelle sue intenzioni dovrebbe appunto servire a contemperare un effettivo diritto d’asilo con ingressi nel Paese sempre più controllati e legali.

Non sarà facile farlo passare, viste le critiche e le opposizioni che sono venute non solo dalla rete delle associazioni umanitarie e dalle forze di sinistra radicale ma dalle fila stesse del partito del Presidente e da alcuni ambienti intellettuali definibili come centristi e moderati. Si è già organizzata una fronda parlamentare dentro En Marche! che punta a dare battaglia in aula contro il governo che sulla carta sostiene. D’altro canto Macron ha talmente umiliato sul piano culturale e propagandistico i partiti storici (anche se questi ultimi ancora hanno una presenza significativa nell’Assemblea), ha talmente fatto incetta di parlamentari provenienti dalle più diverse sponde politiche, che i suoi oppositori non possono che essere i suoi stessi sostenitori. 

L’accusa che gli viene rivolta è di voler restringere troppo sul piano burocratico i tempi d’accoglienza e riconoscimento dello status di profugo, che per essere accertato ha invece bisogno di una lunga e seria istruttoria. Di accelerare senza motivo le procedure di espulsione di coloro che non ottengono la qualifica di rifugiato. Di sovraccaricare, al tempo stesso spersonalizzando in un’ottica soltanto d’efficienza amministrativa, il lavoro delle prefetture: sono stati ad esempio introdotti i colloqui realizzati in collegamento video al posto di quelli frontali.

Più in generale, si accusa il governo di essersi concentrato sui rifugiati e sul diritto d’asilo (che serve a proteggere chi fugge da guerre e situazioni di pericolo) avendo però in testa un altro obiettivo: scoraggiare e reprimere l’immigrazione legata al lavoro e che nasce invece dalla povertà. Lo dimostrerebbe il rafforzamento delle misure di controllo e repressione alle frontiere e l’istituzione, prevista dal progetto, del reato di entrata illegale: arrivare in Francia senza passare regolarmente dalle frontiere potrebbe significare il carcere sino ad un anno e pesanti sanzioni economiche.

Dalla sua in questo momento Macron sembra avere il grosso dell’opinione pubblica francese, che al 65% – secondo i sondaggi più recenti – è convinta che nel Paese ci siano troppi immigrati e che i nuovi arrivi vadano dunque frenati e regolamentati. A questa diffusa percezione si lega il dato oggettivo di un numero di richieste d’asilo che nel solo 2017 ha in effetti superato il record delle 100mila domande. Ma c’è anche un problema politico che Macron evidentemente ha tenuto ben presente: la sconfitta al ballottaggio di Marine Le Pen e la conquista di un’ampia maggioranza all’Assemblea nazionale hanno avuto come contropartita un astensionismo senza precedenti. Segnale di un malessere e di una sfiducia che tra le proprie cause ha avuto anche i timori legati all’immigrazione e che il Fronte nazionale aveva ampiamente cavalcato ottenendo un successo senza precedenti. 

Macron sa bene quanto l’opinione pubblica francese sia stata a lungo traumatizzata dalle immagini della ‘giungla di Calais’. D’altro canto si è sempre il sud di qualcuno: le restrizioni imposte dai francesi alle frontiere con l’Italia, per evitare il passaggio di clandestini e immigrati, è stato superato dal rigore dei britannici per impedire eventuali passaggio della Manica, col risultato di migliaia disperati accampati per mesi intorno a Calaia. Per evitare il ripetersi di quelle scene, e soprattutto per evitare un clima di malessere collettivo che andrebbe nuovamente a favore dell’estrema destra populista, Macron ha optato per una politica restrittiva, che al principio di umanità sembra anteporre una maggiore fermezza verso i migranti.

Viene facile pensare all’Italia e proporre paragoni con la linea seguita negli ultimi mesi da Marco Minniti. Ma sarebbe sbagliato. Innanzitutto per l’ampiezza, assai più grande, che il fenomeno migratorio ha in Francia e per il rischio politico che si è prodotto in quel Paese con l’arrivo di Marine Le Pen al ballottaggio per la presidenza. E poi perché quanto è stato fatto in Italia è nulla a confronto dei provvedimenti appena proposti dal governo francese, che suonano in effetti come molto restrittivi e dettato da una logica di tipo securitario. Ma il paradosso è che Minniti, per aver solo proposto d’introdurre un minimo di legalità e rigore amministrativo nel caos che caratterizza le politiche di accoglienza in Italia degli immigrati, s’è visto trattare dalla sua stessa parte politica come un uomo d’ordine mosso da una mentalità poliziesca e repressiva. Il risultato di questa miopia è aver lasciato alla Lega di Salvini un formidabile argomento propagandistico. 

È l’errore che Macron invece non vuole commettere nella sua Francia, avendo del resto già in passato chiarito più volte che per lui esiste una differenza netta tra rifugiati e migranti economici: i primi da proteggere, i secondi da contenere e regolare per la semplice ragione, ribadita anche di recente, che “non possiamo accogliere tutti”. Sul provvedimento presentato ieri sarà battaglia. Ma se Macron vincerà la sua partita diremo che è un reazionario pericoloso e insensibile come Trump o che è una statista lungimirante e coraggioso che ha preso di petto un problema che lasciato a sé stesso o trattato in una logica meramente umanitaria può solo favorire i demagoghi?
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