Tutto ha avuto inizio lo scorso 21 febbraio, quando la donna stava rientrando a casa a Rampur, nell'Uttar Pradesh: dopo aver fatto visita ad alcuni parenti ha accettato il passaggio in auto di due uomini, Ameer Ahmad, 55 anni, e Sattar Ahmad, 45. Quando all'arrivo i due si sono resi conto che la donna era sola in casa l'hanno violentata e sono scappati. La vittima ha immediatamente denunciato il fatto alla stazione di polizia di Rampur, dove il suo caso è finito nelle mani di Jai Prakash Singh. Da quel momento per lei è iniziato un calvario nel calvario: mentre iniziava a temere che i suoi aguzzini, che vivono non molto distante da lei, potessero vendicarsi, dall'altra doveva fronteggiare le avance dell'agente che l'aveva minacciata: non avrebbe mosso un dito se lei non avesse «soddisfatto i suoi desideri». Da febbraio il poliziotto ha continuato a mandarle messaggi e a chiamarla chiedendole incontri privati, ai quali la donna non si è mai presentata: quando infine gli ha chiesto di fare semplicemente giustizia, Singh ha fatto in modo che il caso venisse chiuso. Stanca e frustrata si è presentata nuovamente alla stazione di polizia per incontrare Singh e ha registrato tutto quello che lui le diceva.
«Ogni volta che mi avvicinavo a lui mi diceva sempre la stessa cosa: per far arrestare i miei stupratori dovevo prima fare sesso con lui e soddisfare i suoi desideri. Non faceva altro che chiedermi i dettagli sconcertanti dello stupro e poi ricominciava con le richieste. Quindici giorni fa, all'ennesimo rifiuto, ha chiuso il caso, così io ho deciso di registrare un nostro incontro e consegnarlo al capo della polizia».
«La voce nella registrazione non corrisponde a quella del nostro investigatore - si è difeso il capo della polizia Vipin Tada - Indagheremo accuratamente sulle accuse ». La notizia ha destato scandalo in India, ma verità e giustizia sono ancora molto lontane in un Paese dove gli stupri sono un problema sociale: solo nel 2015 sono stati denunciati 34.000 casi, ma si tratta di un numero al ribasso considerato che molte donne non denunciano per paura di essere emarginate o per il timore di non essere credute.
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