Sopravvissuto alla Shoah, a 102 anni incontra il nipote per la prima volta: «Li credevo tutti morti»

Sopravvissuto alla Shoah, a 102 anni incontra il nipote per la prima volta: «Li credevo tutti morti»
di Federica Macagnone
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Lunedì 20 Novembre 2017, 16:41 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 13:58

Eliahu Pietruszka ha vissuto quasi 80 anni con un'unica certezza: essere l'unico sopravvissuto della sua famiglia barbaramente sterminata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Mai avrebbe potuto ipotizzare, a 102 anni, che nella sua casa di riposo in Israele sarebbe entrato un uomo che avrebbe stravolto la sua vita. Lo ha guardato avanzare e, quando ormai era vicino, si è accasciato su di lui sciogliendosi in un abbraccio commovente durante il quale trattenere le lacrime è stato impossibile. Ha rispolverato il russo, una lingua che non parlava più da tanto tempo, e ha guardato negli occhi Alexandre, quel 66enne che è la copia esatta di suo fratello, anche lui sopravvissuto all'orrore, ma del quale aveva perso ogni traccia.
 

 

Eliahu aveva 24 anni quando fuggì da Varsavia nel 1939, dirigendosi verso l'Unione Sovietica e lasciandosi alle spalle l'intera famiglia: il padre, la madre e i fratelli gemelli Volf e Zelig, di nove anni più giovani di lui. I suoi genitori e Zelig furono deportati dal ghetto di Varsavia e uccisi in un campo di sterminio nazista, ma Volf riuscì a fuggire. Per un periodo i due si sono scritti, poi Volf fu portato in un campo di lavoro in Siberia e Eliahu lo ha creduto morto. Con la morte nel cuore ha tentato di portare avanti la sua vita, si è sposato in Russia e, pensando di non avere più una famiglia d'origine, è emigrato in Israele nel 1949 per ricominciare da capo.

Solo due settimane fa, suo nipote, Shakhar Smorodinsky, ha ricevuto una email da un cugino canadese che sta lavorando per ricostruire il loro albero genealogico: gli ha comunicato di aver scoperto una pagina di testimonianza sullo Yad Vashem, l'Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele che, mettendo a disposizione il database delle vittime e condividendo le storie dei sopravvissuti, ha permesso in tutti questi anni di mettere in contatto parenti e familiari che si erano perduti. La storia, scritta nel 2005, era quella di Volf, che dopo essere sopravvissuto all'Olocausto si stabilì a Magnitogorsk, una città industriale nei Monti Urali. Smorodinsky ha rintracciato il suo indirizzo e ha tentato di mettersi in comunicazione con quel pezzo della sua famiglia per scoprire che Volf è morto nel 2011, ma Alexandre, suo figlio, aveva una incredibile voglia di rimettere al loro posto tutti i tasselli del suo passato.

Pochi giorni fa Alexandre è salito su un aereo ed è volato fino in Israele per incontrare lo zio: quando si sono visti si sono abbracciati a lungo. L'emozione ha preso il sopravvento ed Eliahu si è sciolto in un pianto. «Mi rende così felice che almeno una parte di mio fratello sia qui, questo è suo figlio - ha detto all'Ap - Dopo tanti anni mi è stato concesso il privilegio di incontrarlo. Nel mio cuore ho sempre sentito che Volf non era più vivo». Zio e nipote hanno iniziato a parlare in russo senza celare l'emozione. «Sei una copia di tuo padre - ha detto Eliahu, scuotendo la testa incredulo - Non ho dormito per due notti per aspettarti». Dal canto suo Alexandre ha parlato di miracolo.

Yad Vashem. L'incontro è stato possibile grazie al database di Yad Vashem, il cui obiettivo è raccogliere e commemorare i circa 6 milioni di ebrei vittime del genocidio nazista.
Ha una missione principale: raccogliere i nomi di tutti i morti, commemorando ogni singolo individuo e non parlando solo di numeri. Il progetto è iniziato nel 1954, ma nel corso di mezzo secolo sono stati raccolti meno di 3 milioni di nomi, soprattutto perché il progetto non era molto conosciuto e molti sopravvissuti si astenevano dal riaprire ferite dolorose oppure si aggrappavano alla speranza che i loro parenti potessero essere ancora vivi. Dal 2004 il database è stato pubblicato online e ha fornito un facile accesso immediato alle informazioni in inglese, ebraico, russo, spagnolo e tedesco. Grazie a un'intensa campagna per farlo conoscere e agli sforzi di Yad Vashem che sono andati porta a porta a intervistare i sopravvissuti anziani, il numero è salito a 4,7 milioni di nomi. Il tutto ha permesso a diversi familiari sparsi per il mondo di riunirsi, anche se ovviamente, con il passare degli anni, i sopravvissuti sono diminuiti. Ma Alexander Avram, il direttore del database, ha una certezza: «Non è troppo tardi per stilare pagine di testimonianze».

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