Londra, addio piccolo Charlie: ma i medici danno più tempo ai genitori

Londra, addio piccolo Charlie: ma i medici danno più tempo ai genitori
di Cristina Marconi
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Giovedì 29 Giugno 2017, 17:44 - Ultimo aggiornamento: 1 Luglio, 21:33

LONDRA Avranno «un po' più di tempo» per dire addio al loro bambino, i genitori di Charlie Gard. Il Great Ormond Street Hospital ha acconsentito a rimandare di qualche giorno l'interruzione della ventilazione e dell'alimentazione che tengono in vita artificialmente il bambino, affetto da una malattia incurabile e in fase terminale, dopo che una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato la posizione dei giudici britannici: non ci sono cure possibili, è inutile e dannoso sottoporre il bambino a trattamenti sperimentali dall'esito incerto, deve morire con dignità.



«Stiamo raccogliendo ricordi preziosi che potremo tenere per sempre cari, con il cuore molto pesante», hanno scritto i genitori, chiedendo di «rispettare la nostra privacy mentre ci prepariamo a dire addio a nostro figlio Charlie». Un parente della coppia ha fatto sapere che potrebbe avvenire nel fine settimana, quell'addio a lungo rimandato era stato inizialmente previsto per ieri mattina a mezzogiorno da quando i medici del Great Ormond, uno dei migliori ospedali pediatrici del mondo, avevano stabilito che per il bambino, nato con una rarissima forma di sindrome da deplezione mitocondriale, non c'era più niente da fare.

IL TRATTAMENTO SPERIMENTALE
Una decisione contro cui i genitori si erano appellati all'Alta Corte britannica prima e alla Corte Suprema poi, sperando di poter usare i cospicui fondi che erano riusciti a raccogliere nel frattempo 1,4 milioni di sterline da più di 83mila donatori per portare il bambino negli Stati Uniti, dove un medico aveva accettato di sottoporre il bimbo ad un trattamento sperimentale. Il medico in questione, che non può essere nominato per ragioni legali, aveva specificato nel corso di un'audizione che sarebbe stato somministrato un «trattamento, non una cura» a Charlie, che è «malato terminale», e che si sarebbe trattato comunque di muoversi in una «terra incognita» per sei mesi, dando al piccolo una «piccola possibilità» di migliorare le sue funzioni cerebrali.
Nessuna guarigione, quindi, e nessuna garanzia che il trattamento al nucleoside, testato finora solo sui topi e in parte provato senza successo anche dai medici del Great Ormond, non avrebbe provocato al bimbo ulteriori sofferenze.

«Non c'è cura per la malattia di Charlie, che è terminale», spiegano dall'ospedale, secondo cui anche il medico americano «conviene che il trattamento sperimentale non potrebbe riparare i danni cerebrali che ci sono già stati». Il bambino non è in grado né di vedere, né di sentire, deglutire o muoversi e la sua situazione è tale che i medici hanno proibito ai genitori di portare a casa il piccolo Charlie per farlo morire circondato dall'affetto dei suoi cari, suscitando le loro proteste in un post sulla pagina Facebook: siamo stati «abbandonati».

IL TWEET DI BERGOGLIO
Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo i giudici britannici hanno raggiunto decisioni «meticolose e accurate» e per questo, ritenendo che non spetti a loro sostituirsi alle autorità nazionali, il ricorso dei genitori è stato definito inammissibile.

«Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d'amore che Dio affida ad ogni uomo». È il tweet diffuso da Papa Francesco in cui, senza citarla esplicitamente, fa chiaro riferimento alla vicenda del piccolo Charlie Gard.

Sul fronte politico italiano duro l'intervento di Beppe Grillo che attacca «questa Europa sempre più insipidamente senz'anima» che si è lavata le mani del caso di Charlie, «come face Pilato», e quello di Matteo Renzi che si chiede «perché la Corte europea dei diritti umani (diritti?) non ha concesso la cura sperimentale in america?» e ha dichiarato che «per una volta ho più domande che risposte». Il leader della Lega Matteo Salvini non ha usato mezzi termini per dire che si tratta di un «omicidio con la complicità, anche questa volta, della Ue che tace».

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